...una voce...tante emozioni...un viaggio...tante voci...un libro...le voci in viaggio...
Siamo un gruppo di persone che Ama la lettura e ha deciso di mettere in valigia storie, racconti, fiabe, poesie e di partire per un lungo Viaggio, in mezzo alla gente.
Ad ogni tappa del nostro cammino trasmettiamo con la nostra Voce emozioni che partono da Viaggi lontani, a volte persi nel tempo.
Leggendo parole scritte da vite più o meno note, ma che hanno lasciato un segno nella storia del mondo, possiamo leggere la vita di tutti i giorni e cominciare a scrivere quella che verrà.
L’emozione più grande è leggere negli occhi e nel cuore di chi ti ascolta la condivisione di ciò che arriva dalla nostra anima.
Ed è l’inizio di un nuovo Viaggio…


Le Voci Consigliano

mercoledì 28 ottobre 2015

Voce da un Amico




Camminavo
assorto nei miei pensieri
e non vedevo niente intorno a me.
La testa era pesante
i pensieri erano talmente carichi di
ansia e preoccupazione,
che la loro pressione mi bloccava i nervi e il respiro non poteva che diventare sospiro.
Poi ho lasciato che il ritmo del passo,
la sua magia,
riattivasse i miei desideri più veri.
E ho ripreso a guardare la vita con benevolenza.
E ho scoperto una passione tumultuosa e infinita
come torrente di montagna.
Ma non ho ancora capito bene.
No.
Non mi può bastare la bellezza e l'amore.
Mi serve il machete per ripulire il groviglio delle mie emozioni.
Voglio imparare a dire....
mi hai fatto male e basta.
Voglio essere vero fino al punto
di non stemperare più la mia rabbia con la comprensione.
Non mi interessa farti del male.
Mi interessa poter essere me stesso
e ti giuro
che l'acqua fredda del torrente
mi ha completamente risvegliato


Andrea Libero 
https://www.facebook.com/andrea.libero.7393

lunedì 19 ottobre 2015

Le voci incontrano Stefano Benni

Sabato 17 ottobre, è una data che personalmente, nella mia memoria di lettrice e di Voce in Viaggio, terro’ racchiusa nel baule dei ricordi.

Lo scorso sabato, lo scrittore Stefano Benni, è stato ospite al Festival Carta e Carbone di Treviso, e siamo riusciti a essere presenti per assaporare le parole dello scrittore che personalmente ho sempre amato.
Cominciando da Bar Sport e la famosa “Luisona” mi ha fatto crescere un po’ trasognante come Margherita Dolcevita. Negli anni ho sognato di avere un Obivilogio come Saltatempo,  per viaggiare avanti e indietro nel tempo. Ho amato tanti suoi personaggi, e poterlo ascoltare di persona è stato un vero onore.

L’auditorium del museo Santa Caterina era pieno, e nonostante l’incontro fosse dedicato alla presentazione del suo ultimo romanzo  “cari mostri”, Stefano Benni ha fatto un excursus dei suoi personaggi, lasciando spazio alle domande del pubblico. Ha spiegato il mondo di Fantasilandia, spaziando sul romanzo di Elianto, raccontando poi da dove è nato nonno Telemaco facendo riferimenti ai ricordi della propria infanzia. Il tutto condito dall’ironia che lo contraddistingue.

Al termine dell’incontro siamo riusciti a regalare al maestro un piccolo omaggio da parte delle Voci in Viaggio; un piccolo segno di stima verso questo creatore di spazi fantastici e di personaggi esilaranti e fantasiosi, che hanno accompagnato e che accompagneranno le nostre avventure “ letturesche”. 






Un viaggio.


Finalmente si parte. Abbiamo aspettato tutta l’estate con impazienza mista a gioia per questo primo viaggio in aereo. Destinazione Trapani e la splendida isola di Marettimo. Siamo qui sedute strette strette su questa macchina con le ali. Siamo già sopra le nuvole, felici e serene come due bambine, senza paura ma con una grande carica. Tutto è così bello da sembrare quasi un sogno. Ecco Erice, Trapani, si avvicinano con le loro luci. Si atterra con un patapum. Ma anche questo nel sogno ci sta. Trapani di sera, centro storico, pieno di gente, di luci, di musica, di profumi, mi sa che il sogno è diventato realtà. Tutto ti avvolge, ti accoglie. Mi meraviglio di tanta bellezza, grandezza, tanta storia e tanta contemporaneità. Tanti giovani, colorati, sorridenti, aperti a questo loro paese che amano e che li ama. Il giorno appresso usciamo un po’ sul tardi, e subito vengo sorpresa da questa nuova luce, questo nuovo sole. La luce e il sole sono come una veste a festa. Luminosa e calda, ma non soffocante. Così mi sento! Il viso, la mia pelle troppo pallidi per questi luoghi, nel giro di poche ore sono già color ambra. Entriamo in un vecchio forno, aperto diciotto ore al giorno. Incontriamo una donna, Silvana, che il fare pane e dolci era stato il suo sogno fin da sempre. Pane nero, con grano antico, ricoperto di semi di sesamo. Arancine che con la loro panatura illuminavano tutta la stanza. Cannoli grandi ricchi di ricotta di pecora freschissima. Quel giorno ci siamo messe a tavola con un rispetto  e attenzione nuovi per il cibo, soprattutto Sonia, che da più di quarant’anni ricordava questi luoghi e questi sapori. Vederla mangiare le arancine di riso era una bellezza, se le è godute pian piano. Mangiava riemergendo ogni tanto dai suoi ricordi di bambina. Il giorno dopo siamo partite per l’isola di Marettimo. Aliscafo, tanta gente, mare che sta lì a farsi ammirare, navigare, a volte tradisce, ma sempre bello, dai mille riflessi e colori. Un mare chiacchierone che ti vuole raccontare di sé, dei fratelli che ha incontrato, che ha custodito. Ma un mare sempre vero, anche quando il vento, le correnti, lo fanno diventare grosso, pericoloso, violento, e ti ricorda che ci vuole attesa, pazienza e ancora attesa per attraversare. E’ quello che è successo a Marettimo, l’isola dove Sonia ha passato una parte della sua infanzia. Un’isola disegnata da un artista molto ispirato, bella, anzi bellissima. Un pugno di case bianche con i balconi blu. Alle spalle una natura florida ricca di profumi e colori. Circondata da un mare che custodisce tanti segreti e tante meraviglie. Le grotte popolate da chissà quali creature. Facendo il giro con la barca mi sono immaginata creature fantastiche abitare questa bellezza. Ho iniziato questo viaggio con la volontà di lasciarmi condurre e guidare solo dalla bellezza che avrei incontrato. E’ stato un viaggio ricco, meraviglioso. La luce la ricordo tutti i giorni e cercherò di ricordarla il più a lungo possibile perché possa illuminare i momenti che mi sono bui.

mercoledì 14 ottobre 2015

Festa del Samhain, tra luce e buio.









Venite a vivere il SAMHAIN con LE VOCI IN VIAGGIO!

Samhain (31 Ottobre)


Agriturismo Le Noci Arfanta di Tarzo

Samhain è il più importante sabbat di tutta la ruota dell'anno. Samhain combina numerosi elementi sacri: il raccolto agricolo, il raccolto selvatico, la transizione della stagione autunnale e la commemorazione del giorno dei morti.
E'il momento per ricordare i nostri antenati e i nostri amati che ci hanno salutati. E' un tempo solenne legato alla contemplazione del mistero della vita e della morte.
Samhain è tempo di introspezione, di discernernimento del falso nella nostra vita, nel nostro cuore e nella nostra anima. E' il momento per guarire le ferite più profonde, per guardare laddove abbiamo cicatrici ancora evidenti, per riflettere sul dolore ricevuto ed inferto.

Adesso è il momento per osservare la natura delle nostre motivazioni e il risultato delle nostre azioni. Samhain vuol dire comunicare e ascoltare gli altri. Nostro è il tempo della morte e della rinascita.

Le foglie stanno cadendo, le mele sono mature ed il ghiaccio si posa sul terreno. C'è profumo di Autunno, un indescrivibile odore di Ottobre - zucche, mele, cannella, foglie secche e birra.
Con l'avvicinarsi di Samhain il velo tra i mondi diventa ogni notte più sottile. Potete percepirlo tutt'attorno che l' Altromondo si avvicina e la luce del sole si trasforma in luce del tramonto.

I nostri antenati sono celebrati a Samhain; è il tempo dei morti e dei morenti. Gli spiriti dei defunti sono più vicini ai nostri cuori in questo momento in cui persino la terra sta morendo.
Un umore malinconico e introspettivo scende su di noi in questo tempo oscuro di fini e completamenti ma anche di eventuali rinascite. Nelle ombre crescenti, l'oscurità e la nebbia prevalgono e anche gli alberi cedono le loro foglie prendendo anch'essi le sembianze di scheletri.


Per info. 338- 41.49.485

martedì 6 ottobre 2015

spizzicando nel blog de "ilmondodigalatea"



Integrazione culturale a Spinola: il cicchetto cinese

by ilmondodigalatea
Quando la notizia era circolata in paese, l'anno scorso, l'intera comunità ne era rimasta fortemente scossa. Gaspare, lo storico fritolìn di Spinea, passava ai Cinesi. Ci sono poche cose che destabilizzano la vita di un pensionato veneto, e la chiusura dell'osteria dove va a bersi, a qualsiasi ora del giorno, l'ombra di bianchetto e mangiare qualche cicchetto bisunto, è una di quelle. Restavano, per fortuna, da guardare i cantieri aperti e disseminati per tutto il paese. Ma senza potersi poi confortare con un bicchierino da Gaspare, persino il loro fascino veniva compromesso.
Per scongiurare l'evento i vecchietti di Spinola hanno tentato ogni strada. La prima è stata la moral suasion. Una delegazione di pensionati, capeggiata dall'ottantaduenne Olindo Spolaor, presidente del circolo di bocce, si è recata da Gaspare in missione. La mano sul cuore, Olindo ha sfoderato tutte le armi della retorica conosciute, ricordando non solo la comune ed ormai lontana gioventù, in cui lui e Gaspare saltavano per i fossi di una Spinola ancora bucolica, ma anche e soprattutto l'immenso investimento avvenuto negli ultimi cinquant'anni da parte di tutti gli abitanti del paese in polpettine bisunte, mozzarelle in carrozza grondanti non meglio definito olio vegetale, calici di dubbio prosecco e spritz annacquati. il rapporto fra Gaspare ed i suoi clienti era stato forte, quasi fossero una famiglia: e proprio per questo nessuno mai aveva invocato l'ufficio igiene per controllare il rispetto delle normative nella cucina alloggiata nel bugigattolo del retrobottega, lasciando che essa fosse un far west dove nessuna legge dello Stato italiano era applicata, soprattutto quelle riguardanti la conservazione e la cottura dei cibi.
Era stato un discorso commovente, che aveva usato tutti gli artifici della retorica antica e moderna, e Olindo si era erto nel mezzo del coro greco di vecchietti annuenti come un Menenio Agrippa redivivo. Ma non c'era stato nulla da fare. Gaspare aveva scosso il capo e commentato: «So' vecio
«Ma almanco non sta vender ai Cinesi!» aveva pietito il coro.
«Xè i unici che g'ha i schei
Di fronte a questa innegabile argomentazione cronologica e soprattutto economica, tutti gli artefici retorici erano andati a farsi benedire.
Olindo non si era rassegnato. Aveva quindi spostato il suo coro greco di vecchietti presso l'ufficio del Sempresindaco Taragnin, chiedendo udienza. Qui il dialogo aveva preso toni millenaristici. Il fritolìn! Ai Cinesi! Non era questione di soldi, era un problema di difesa della civiltà occidentale. C'era il serio rischio che torme di pensionati non avessero più il loro porto sicuro dove passare le giornate, per tacere della terribile e nefasta eventualità che i cicchetti bisunti e i bianchetti venissero sostituiti con chissà che intruglio di riso o conditi con la salsa di soia.
Al Sempresindaco Taragnin la gravità della questione non era sfuggita. Il suo zoccolo duro di voti dipende in gran parte dai pensionati di Olindo, e Taragnin è ben consapevole che un vecchietto a cui non sia garantito un fritolin come si deve è un vecchietto che poi non va a votare, o peggio usa la cabina elettorale per vendicarsi. Ma si è scontrato con i limiti del suo potere di Sindaco, per quanto di lunga data: Gaspare, da bravo bottegaio, ha fatto orecchie da mercante ai serveri richiami sindacheschi e persino alle velate minacce di mandare i NAS a controllare le cucine.
«Tanto g'ho za firmà el contrato.» ha spiegato, facendo spallucce a Taragnin e alla tradita civiltà occidentale.
Il Sempresindaco si è trovato imparpagliato: Da un lato un Gaspare irremovibile, dall'altro un comitato di vecchietti sempre più preoccupati e sul piede di guerra, che chiedevano azioni concrete da parte dell'Amministrazione. Ha così deciso di convocare in Comune i nuovi gestori cinesi, ovvero la bella Mei Mei e suo fratello Bo.
Non appena i due sono entrati nell'ufficio del Sempresindaco si è sentito un sonoro e rutilante crash di stereotipi culturali spatasciatisi a terra in mille pezzi, e di botto. Pronto a ricevere una coppia di immigrati di modesta condizione e di scarsa malizia, il Sempresindaco si è trovato davanti invece i due Mei, di cui l'una è una ragazza sveglia e minuta, ma con il caratterino di una tigre asiatica, che s'è presentata in tacco dodici, Luisvuitton d'ordinanza e aria palesemente scocciata, come la più integrata delle lady imprenditrici venete, l'altro è un ragazzone sorridente vestito Prada, laureato in legge a Padova, ed abituato a gestire il patrimonio di famiglia, che comprende tre alberghi e un numero imprecisato di bar sparsi in tutta la provincia.
Il colloquio è stato defatigante. Ogni velata minaccia di Taragnin è stata prontamente rispedita al mittente con sorridente perfidia orientale da Bo, che, da bravo avvocato, pur essendo cinese ha acquisito nell'ateneo patavino una capziosità bizantina nell'interpretare a suo favore le leggi. Ma ha anche imparato i fondamentali della cultura occidentale, ed italica nello specifico. Così alla fine ha voluto offrire all'avversario un compromesso per tacitare i vecchietti furiosi, garantendo che la nuova barista assunta sarebbe stata la figlia di Olindo Spolaor, da anni disoccupata.
Celebrato il compromesso storico ed etnico, il comitato dei vecchietti ha cambiato del tutto il suo approccio alla questione fritolin cinese. Olindo-Menenio Agrippa ha ricordato ai suoi, in una commmovente orazione, che Cina e Venezia sono amiche per lo meno dai tempi di Marco Polo, e che se a noi i Cinesi hanno insegnato come fare gli spaghetti, è dovere dei Veneti ricambiare consentendo loro di servire lo spritz.
Ieri pomeriggio, passando vicino al baretto ormai in gestione cinese da più di un mese, la scena era questa: il tavolo dei vecchietti, sotto la pergola di vite rossa, beveva bianchetti e giocava a briscola, intonando in coro Le glorie del nostro Leon.
E, per dare ulteriore prova di integrazione fra le nuove nazioni emergenti e la tradizione veneta autoctona, fra una carta e l'altra bestemmiavano come Turchi.
E' un racconto di fantasia che non riprende fatti o personaggi reali. Se qualcuno si riconosce, vuol dire che gli offro uno spritz cinese al baretto.