A Attesa. Quella di ogni giorno fuori dal cancello azzurro delle Suore
di Madre Teresa. Sono in tanti, a
qualsiasi ora del giorno. Gli uomini sono
rari. Ad attendere sono le donne, ortodosse e mussulmane,
tante hanno con
sé bimbi piccoli. Ma ce ne sono di ogni età, dalle ragazze alle anziane.
Vestiti
consunti e alcune
tinte forti che spiccano nel mucchio. Tutte hanno il capo coperto.
Sedute in
gruppi, accovacciate, alcune stese. A volte usano gli ombrelli per ripararsi
dal sole. Aspettano
la loro razione di cibo, il loro turno per chiedere farmaci, accoglienza per sé
o
qualche
familiare, qualsiasi altra cosa di cui abbiano bisogno…
BBlu. Il colore delle divise dei bimbi in un asilo. Un centinaio per
classe, tre per banco. Siamo in un villaggio
a una
quindicina di chilometri dalla cittadina di Robe, e l’asilo è gestito, a
distanza, dalle suore
Missionarie
della Carità.
È
ordinato, curato e ben organizzato. All’esterno c’è un grande giardino, e un
cavallo legato ad un
albero,
quello di uno dei maestri che ogni giorno arriva cavalcando da Goba. Intorno
capanne e
campi. Quando entriamo
in classe si alzano tutti insieme, salutano in coro. Poi rimangono a scrutarci silenziosi. L’insegnante ci dice
che parecchi bambini sono assenti perché è giovedì, giorno di
mercato…i genitori
vanno a fare spese e i figli rimangono a casa a badare al bestiame.
C Carichi. Viaggiano sulle schiene delle donne. A volte rami
lunghissimi, a volte pesanti sacchi
che piegano i loro
corpi. Pesanti o leggeri, non mancano mai. Gli uomini se li posano all’altezza
del
collo. Ci sono i
carichi che si muovono in groppa gli asini. In particolare il mercoledì e il
sabato,
giorni di grande
mercato, arrivano o tornano. Dietro di loro una donna a fare strada. E poi i
carichi
che corrono sui
carretti trainati dai cavalli, mucchi di sacchi o cumuli di fieno, o mobili da
trasportare. Sulla cima se ne sta seduto il conducente
con il frustino in mano.
D Diciotto. Gli anni di Yeblework che se n’è andata tre giorni dopo il
suo diciottesimo compleanno. Da due
anni malata di cancro,
in una zona in cui un buon ospedale è forse troppo distante, o si aspetta e
quando ci si
arriva è ormai troppo tardi… Una sofferenza vissuta fino in fondo, senza alcuna
terapia
ad alleviarne i
dolori. Solo le saggezza di due donne silenziose e dalle spalle larghe.
EElettricità.
Da poche settimane al centro della principale e unica strada asfaltata di Goba
sono comparsi i
lampioni, che però raramente abbiamo
visto accesi. A volte non funzionano, altre volte manca l’elettricità in tutta
la cittadina. Durante queste serate di buio totale è il cielo ad accendersi di
stelle.
F Fistola ostetrica. Le donne che come Aster, occhi intensi e un sorriso
che le accende il volto, sono affette
da fistola ostetrica a
causa di un travaglio troppo lungo e all’assenza di sostegno ostetrico durante
la gravidanza e al momento del parto per alleviare la pressione del nascituro. In
molti casi il bimbo muore, ma Daniel, il figlio dia Aster fortunatamente è
sopravvissuto. In questa parte del mondo dare alla luce un figlio può lasciare
una pesante eredità nel corpo della madre. La fistola ostetrica infatti provoca
incontinenza urinaria e/o fecale e una conseguente rifiuto da parte del marito
e dell’intera comunità. La guarigione è possibile solo grazie ad un intervento
chirurgico, ed Aster andrà ad Addis Abeba per sottoporsi all’operazione. Ma non
tutte le donne lo sanno e non tutte facilmente riescono a raggiungere la
capitale.
G Genitori. Adnan ha due anni e mezzo. È cresciuto in un orfanatrofio di
Addis Abeba, abituato da sempre
alla sua “casa” e tante
donne che si prendono cura un po’ di tutti… E, poche ore dopo essere stato
affidato a due “sconosciuti” arrivati dall’Italia, non può
perdere d’occhio neanche per un istante la donna che ha già cominciato a
chiamare “mamy”.
H HIV. Quella
che Meron ha trasmesso a sua figlia. La bimba più piccola che io abbia mai
visto, occhi grandi
e una pelle quasi trasparente. La
mamma in ospedale e un corpicino troppo debole per vincere i tanti malanni. Due
mesi e poi si è arresa.
I Immagine.
Quella di una donna che cammina sul ciglio della strada. Come sempre sulla
schiena il peso di
qualcosa da trasportare
verso casa, legato con una stoffa a quadri a mo’ di zaino. Per mano una
piccoletta di due
anni, forse meno. La copia in miniatura, o il ritratto della donna che
diventerà… Anche lei ha il suo piccolo carico da portare a destinazione e quasi
le stesse tinte a colorarle la schiena.
L Lavoro. Pensi di aver chiamato un semplice idraulico e pochi minuti
dopo averlo conosciuto ti dice che…
ha studiato fisioterapia,
ma anche contabilità… che ora fa non solo l’idraulico, ma anche l’elettricista,
e pure il carpentiere.
Per qualche birr in più al mese qui, da un giorno all’altro, si cambia
professione, a
discapito della qualità del lavoro.
M Money. Ritornello
costante ad ogni incontro con un bimbo da questo parti. Il copione è sempre lo
stesso
Ti vedono da lontano, ti corrono
incontro, ti stringono la mano e
cominciano a chiederti: “Money, money!”, e se non gli allunghi niente allora ci
provano con “Caramella, caramella!”. E poi rimangono a guardarti mentre ti
allontani come l’evento della loro giornata…
N Novità. Quella di una lingua nuova, con suoni e segni che non ci
appartengono, ma verso i quali
cominciamo a lenti
passi ad avvicinarci perché significa accorciare la lunga distanza tra noi e
questo
mondo nuovo per viverlo
fino in fondo.
O Orto. Il
nostro che, dopo una lunga attesa per vedere la luce, ora sta dando i primi
frutti. La terra è
generosa. Per ora abbiamo raccolto
costa, cicoria (che qui chiamano gommon), insalata… E forse tra un po’ arriveranno
in tavola carote, piselli, zucchine, pomodori e la zucca!
P Passi. I
primi quelli di Maskaram. Compiuti i primi di giugno da sola, senza alcun mano
a stringere la sua o
sostegno sul quale trovare appoggio.
Dicono abbia quattro-cinque anni, ma
sembra ne abbia tre.
Maskaram che non ci sente, che emette solo qualche suono, ma che parla
con gli occhi, con le mani e con le sue “facce”. E ride. Tanto.
Q Quattro. I bimbi in groppa allo stesso asinello…hanno tutti meno di
sei anni. Soli sul ciglio della strada
che da Goba porta a Robe. Dietro
di loro si apre la campagna infinita. Lì probabilmente sostano le pecore e le
mucche che hanno portato a pascolare
durante il giorno.
R Ramadan.
In questa terra a prevalenza musulmana, la festa di fine ramadan è festa
nazionale. Abdul Aziz,
uno dei colleghi di
Stefano, ha voluto condividere la sua festa con noi e ci ha invitato nel
villaggio dove abita, nel verde e nel silenzio della campagna che abbracciano
la cittadina di Goba.
Ci ha accolto, insieme alla sua
famiglia, nella sua casa. Ci hanno offerto biscotti, il porridge e l’injera con
il doro wot (pollo con una salsa piccante). Il cibo delle grandi occasioni.
S Strati. Sembrano
non essere mai abbastanza… Quelli che indossano le donne: un paio di pantaloni,
una
gonna o un vestito, un golfino,uno
scialle, o più d’uno, e un foulard che
copre le spalle e il capo. Gli strati di stoffe che avvolgono i neonati e quelli
delle coperte per tenere al caldo i pazienti nei letti di ospedale.
T Tenente Tosoni. È uno dei nomi che Mama Shashou (Mama è l’appellativo
per le donne anziane) infila nei
discorsi in amarico quando
racconta l’Italia, arrivata nel suo paese, che lei ha conosciuto durante la sua
infanzia… “Italiano governo, testa gallina, porca miseria, orecchio basso, come
stare?, calci in culo, questo buono-questo non buono, morto, casa-legna, andare
a casa, dormire…”. Shashou che ogni
giorno quando mi vede arrivare nel compound delle suore mi indica il posto
accanto a sé e mi dice “Sedere qua!”.
U Uolando. Così si chiama l’aquilone in amarico. I bimbi per le strade sterrate di Goba corrono
veloce per
alzarlo in volo. Un
lungo filo e due bastoncini di legno
infilati a regola d’arte in un foglio che un
tempo stava al centro
di un quaderno di scuola.
Vverde.
Quello di questi prati africani che i tanti animali al pascolo, pecore, mucche,
cavalli, asini,
trasformano in
prati inglesi. E poi le diverse sfumature di verde dei campi coltivati che si
mischiano
al colore della
terra e delle strade.
ZZenab. Pioggia
in amarico. In questa terra di coltivatori la gente la attende per il raccolto,
per la propria
vita e quella del bestiame. Niente pioggia,
niente erba da brucare. Pioggia che nei mesi di luglio e agosto scende in acquazzoni di forti intensità, potenza che
rovina le strade sterrate e ne rende molte impraticabili. Acqua che bagna le
case di pali di legno e terra.
Anna
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