Dall'amico Patrizio un'altra chicca
La prima fu una Bianchi rossa. Era così piccola che in
famiglia la chiamavano La Bianchina. Avevo diciotto mesi quando me la
regalarono e fu un colpo di fulmine, l'imprinting che mi marchiò per
sempre. A ripensarci ora, credo che dietro quel regalo ci fosse l'astuto
e insieme inconsapevole calcolo di mia madre che, auspicando per la sua
prima figlia un destino più allargato del suo, d'istitnto volle
ispirarmi con un oggetto che dava libertà e prospettive di fuga.
Scegliendo di regalarmela mi consegnò, me ne rendo conto solo adesso, un
testimone e una parte di sé.............
Si era alla fine
degli anni Cinquanta e in campagna, nella bassa parmense. Da quelle
parti ancora oggi ti mettono dentro un sellino attaccato al manubrio
ancora prima di camminare. Da lì a sedersi su una bici in miniatura il
passaggio è breve, fa parte dell'educazione primaria e di base, è
qualcosa che si dà per scontato. Siccome io ero stata molto precoce nel
muovere i primi passi, a mia madre sembrò naturale farmi inforcare una
due ruote prima possibile e appena si uscì dall'inverno. Nata e
cresciuta a pochi chilometri dal Po, anche mia madre ha mangiato pane e
pedali fin dalla nascita. In bicicletta si muoveva dalla casa colonica
in cui era nata al paese vicino per andare a scuola, in bicicletta
andava a trovare le amiche, in bicicletta andò a lezione di taglio e
cucito a Parma. Che nevicasse, piovesse o ci fosse il sole cocente, lei e
il gruppetto di aspiranti sarte percorrevano ogni giorno diciotto
chilometri all'andata e diciotto al ritorno su strada non asfaltate,
tortuose e piene di buche, felici di pedalare e chiaccherare di tutto,
degli abiti che avrebbero cucito, dei corteggiatori, dei film che
avevano visto o avrebbero voluto vedere, della città così diversa dalla
campagna dove vivevano, dei loro sogni e della vita che si apriva
davanti, come la strada. Tante volte ha immaginato quel gruppo di
ragazze che pedalano insieme, con le gonne gonfiate dal vento e le
reticelle sopra la ruota di dietro che impediva al tessuto di entrare
nei raggi e di rompersi. E' un'immagine che di tanto in tanto mi spunta
davanti da sola e che mi ha sempre fatto pensare alla bellezza delle
possibilità.
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