il raccontino del lunedì offerto dall'amico Patrizio Neri
Riesco ancora a rievocare tutte
le sensazioni del giorno in cui mi resi conto che un fuoco a legna è ben
più di una fonte di calore. Non era una gelida giornata d'inverno,
anzi, era fine Aprile. Avevo già montato da un pezzo i pneumatici estivi
sulla Volvo e ripulito gli sci dalla sciolina di Pasqua. Eravamo venuti
ad abitare ad Elverum appena prima di Natale, e per sopravvivere alla
seconda metà di un inverno non troppo rigido ci bastarono il
riscaldatore per il blocco motore dell'auto e un paio di stufe a
ventola. I nostri vicini erano una coppia di pensionati, brava gente,
dell'allegra e laboriosa generazione del dopoguerra. Il marito, Ottar,
rimase chiuso in casa fino al disgelo per via di una malattia ai
polmoni.
In quel giorno di primavera, mentre spirava una
leggera brezza, l'inverno che ci eravamo lasciati alle spalle era
l'ultimo dei miei pensieri.
Fu allora che arrivò un trattore
con un rimorchio, che si fermò ed entrò in retromarcia nel vialetto dei
vicini. Il motore aumentò i giri, il rimorchio s'inclinò e rovesciò nel
cortile un enorme carico di legno di betulla.
Sulla lastra di
pietra davanti all'ingresso apparve Ottar, ansante e affaticato. Da
novembre, la sua passeggiata più lunga terminava alla cassetta della
posta accanto al cancello. Rimase lì a guardare il mucchio di legna, poi
richiuse la porta, si tolse le ciabatte, si mise un paio di scarpe,
scese dalla lastra di pietra, aggirò le pozzanghere e si chinò a
raccogliere un paio di ciocchi, li soppesò e scambiò qualche parola con
il contadino, che nel frattempo aveva spento il motore. "Legna? In
questa stagione?", pensai. "Adesso che ci si può godere una birra in
veranda?". E invece era proprio la stagione giusta, come in seguito mi
spiegò Ottar: la legna si acquista in aprile-maggio, perché non è ancora
stagionata, così la si può essicare a piacimento, il prezzo è più basso
e la disponibilità sul mercato è maggiore.
Quel giorno
continuai a osservarlo dalla finestra della cucina. Il trattore ripartì e
lui cominciò ad accatastare la legna. All'inizio, a ogni ciocco che
spostava gli veniva il fiatone. Aveva un respiro leggermente fischiante.
Andai a chiedergli se gli servisse aiuto, mi ringraziò ma mi rispose
che non occorreva. "Questa è un'annata buona, senti un pò questo ciocco.
O quest'altro. Guarda che bello, e quant'è bianca la corteccia. E che
taglio netto. Hanno usato una motosega ben affilata, lo si vede dalla
scheggia quadrata. Io non sego più, sono troppo vecchio. E il taglio dei
ciocchi è perfettamente dritto, anche. Non capita spesso, ora che tutti
usano lo spaccalegna elettrico. Be', adesso riprendo il lavoro."
E
proseguì, a schiena piegata. Io rientrai in casa. Poco dopo, feci un
giro in paese e notai che l'acquisto di legna in primavera era ordinaria
amministrazione: quasi tutti i cortili, soprattutto quelli delle case
più vecchie, erano occupati da montagne di legna. Come quando si fa
scorta di munizioni in vista della caccia all'alce. Passò una settimana,
ma il carico di legna di Ottar non diminuiva. Solo la settimana
seguente vidi che la cima era leggermente più lineare. E che lui era
più...scattante? Cominciai a parlare con lui. Non gli occorrevano grandi
discorsi per spiegarmi cosa stava facendo. Dopo un intero inverno
passato a maledire la vecchiaia e la malattia che gli prosciugava le
forze, quelle stesse forze che per tutta la vita l'avevano reso
efficiente nel lavoro, ecco un'attività che lo riportava alle condizioni
di un tempo. Aveva l'impressione di fare qualcosa di significativo, e
il senso di sicurezza di chi provvede per tempo e non si lascia cogliere
impreparato.
Ottar impiegò un mese ad accatastare tutto,
concedendosi solo brevi pause. Quando rimasero solo schegge e cortecce,
le raccolse tutte, per usarle come esca per il fuoco. Non ho mai
assistito a una trasformazione del genere. Certo la vecchiaia e la
malattia c'erano sempre, ma lui le teneva in scacco con un vigore tutto
nuovo. Cominciò a fare brevi passeggiate, assunse una postura più
eretta, e un giorno accese un trattore rasaerba giallo, appena comprato,
e tagliò il prato. Mi rifiuto di credere che a tonificarlo fossero
soltanto l'esercizio fisico e l'arrivo della stagione calda. Era la
legna. L'aveva sempre tagliata da sé. Ora aveva riposto definitivamente
la motosega, eppure amava ancora soppesare ogni ciocco e godersi quel
profumo, adorava la sicurezza delle cataste e le ore che avrebbe passato
davanti alla stufa non appena fosse tornato il freddo.
Ecco
come è nato questo libro, che mi ha riportato dentro a una Volvo 240 a
trazione posteriore, in una delle regioni più fredde della Norvegia, a
far visita a chi spacca la legna e la brucia. Ho sostato ai crocevia ad
ascoltare il ronzio delle motoseghe e soprattutto il quieto mormorio
della sega ad arco di qualche pensionato. Dopodiché mi sono avvicinato
con discrezione, provando a parlare di legna. Perciò questo libro è
dedicato a te, Ottar. Tu ricordavi qualcosa che noi continuiamo a
dimenticare: che l'inverno arriva ogni anno.
Il testo è
tratto da "Norwegian wood: il metodo scandinavo per tagliare,
accatastare e scaldarsi con la legna" di Lars Mytting ediz. UTET.
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