...una voce...tante emozioni...un viaggio...tante voci...un libro...le voci in viaggio...
Siamo un gruppo di persone che Ama la lettura e ha deciso di mettere in valigia storie, racconti, fiabe, poesie e di partire per un lungo Viaggio, in mezzo alla gente.
Ad ogni tappa del nostro cammino trasmettiamo con la nostra Voce emozioni che partono da Viaggi lontani, a volte persi nel tempo.
Leggendo parole scritte da vite più o meno note, ma che hanno lasciato un segno nella storia del mondo, possiamo leggere la vita di tutti i giorni e cominciare a scrivere quella che verrà.
L’emozione più grande è leggere negli occhi e nel cuore di chi ti ascolta la condivisione di ciò che arriva dalla nostra anima.
Ed è l’inizio di un nuovo Viaggio…


Le Voci Consigliano

mercoledì 29 ottobre 2014

"Cambiare prospettiva" una Voce dall'Africa



Sono uno dei principali mezzi di trasporto per la gente che vive in città, insieme ai taxi collettivi e a grandi e ben tenuti bus bianchi acquistati dal governo.
I congolesi li chiamano “espirit de mort”, e al contrario dei bus bianchi, girano in tutte le zona della città, arrivano ovunque, non è necessario fare file infinite per salirci e qualunque sia la fermata richiesta loro accostano.
Per me sono dei furgoncini scassati e ri-arrangiati grazie ad un po’ di bricolage africano: schotch e cartone a tenere insieme il vetro della parabrezza, pezzi di uno specchietto o di un fanale ricostruito con fantasia, teloni a sostituire finestrini scomparsi.
Mancano sempre vari pezzi alla carrozzeria e non solo a quella vista la fatica a ripartire, e il fatto che ogni giorno se ne veda qualcuno “accasciarsi” e riposare per sempre lungo la strada. Piazzato accanto ad altri “compagni” che han fatto la stessa fine e che nessuno sposterà più dal lì. Monumenti.
Prevalgono quelli bi colore giallo-azzurro, ma ce ne sono pure di blu, di bianchi, qualcuno di verde-rosso… insomma ce n’è per tutti i gusti.
Accanto al conducente possono trovare posto tre fortunati passeggeri, mentre sulle panche, sistemate nella parte posteriore, ben ammassati, si viaggia in parecchi,perché non c’è un numero limite e quando proprio più di così non ci si riesce a stringere…si può sempre viaggiare aggrappati all’esterno, prendendo un po’ d’aria.
Si corre con la portiera posteriore laterale aperta dalla quale si sporge un ragazzotto che urla la destinazione dell’“espirit de mort”. Da quella portiera la gente sale e scende, alcune volte in corsa, e consegna i soldi del biglietto al “ragazzo megafono”. Pure i grandi carichi, che soprattutto le donne trasportano da una parte all’altra della città, trovano posto entrando dal baule e incastrandosi sotto i sedili oppure sedendosi sul tetto.
In corsa, in sorpasso, pronti per immettersi e ripartire oppure fermi nel traffico: le strade sono sempre piene di questi mezzi e sembra sempre una gara a chi arriva primo.
Là dentro sono sempre troppi. Li guardi sorridendo da un comodo sedile di un taxi…
Finché non ci sali la volta che il taxista del giorno si è “dimenticato” di tornare a prenderti, con buona parte del compenso già intascato all’andata… e vedi così tutto quello che da un comodo sedile di un taxi express (ciò riservato solamente ad un cliente) non puoi vedere.
Ti accorgi, ad esempio, che le marce entrano a fatica, che i freni non funzionano alla perfezione, che all’interno penzolano cavi scoperti (uno dei quali utilizzato dall’autista per mettere in  carica il suo cellulare )…
E seduta accanto al conducente, al quale ti hanno “affidato” dicendogli il luogo dove devi scendere, noti la sua guida sportiva e un po’ nervosa che comprende:l’incitare il suo collega quando da qualche minuto se ne sta zitto, e tenere spesso il volante con una mano e la testa fuori dal finestrino per cercare clienti e nel frattempo, gesticolando, farsi largo nel traffico. E ti sembra Rambo quando, appena prima di attraversare un tratto di strada che pare il deserto per la quantità di sabbia in cui si è immersi, si infila velocemente la mascherina.
“ZANDO (pronunciando la z come una s) … ZANDO… magasin ZANDO” urla a gran voce e insistentemente il giovane appeso alla portiera. E’ questa la destinazione: il quartiere del grande mercato.
Ad ogni frenata la tavoletta di legno, incastrata tra il sedile dell’autista e quella del passeggero, in cui poggia il tuo corpo si alza e ti spinge in avanti, e tu, nella tua testa, preghi l’angelo custode intervallandolo col nome del posto dove ti han detto di scendere, sia mai che Rambo se ne dimentichi.
Senti lo sguardo addosso di qualche passante o dell’autista di una macchina incrociata: non è facile passare inosservati in un furgoncino zeppo di africani e sicuramente è più che raro vedere una “madame” seduta lì dentro.
I giorni seguenti  gli africani a cui racconti di essere salita su uno di quegli “autobus” prima ridono e poi te ne chiedono conferma stupiti. Dicono che loro stessi non ci salgono, perché li definiscono mezzi non sicuri: fanno spesso incidenti e in quelle occasioni di solito quasi tutti i passeggeri ci lasciano le penne, capita che gli autisti guidino sotto l’effetto di droghe o alcool… e via dicendo.
Per tutti coloro che non possono permettersi una macchina, un’autista o un taxi privato e quindi la maggioranza spostarsi qui significa cambiare e quindi aspettare, nel caldo torrido o sotto la pioggia, tre o quattro mezzi, significa rimanere quasi sempre bloccati nel traffico, significa impiegare gran parte della giornata.
E così l’avventura da raccontare agli amici è rischio e fatica per la maggior parte degli abitanti di  una grande capitale africana.

Ogni giorno. 
Anna.

(Anna Zoppas dal Congo)

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