...una voce...tante emozioni...un viaggio...tante voci...un libro...le voci in viaggio...
Siamo un gruppo di persone che Ama la lettura e ha deciso di mettere in valigia storie, racconti, fiabe, poesie e di partire per un lungo Viaggio, in mezzo alla gente.
Ad ogni tappa del nostro cammino trasmettiamo con la nostra Voce emozioni che partono da Viaggi lontani, a volte persi nel tempo.
Leggendo parole scritte da vite più o meno note, ma che hanno lasciato un segno nella storia del mondo, possiamo leggere la vita di tutti i giorni e cominciare a scrivere quella che verrà.
L’emozione più grande è leggere negli occhi e nel cuore di chi ti ascolta la condivisione di ciò che arriva dalla nostra anima.
Ed è l’inizio di un nuovo Viaggio…


Le Voci Consigliano

lunedì 15 maggio 2017

IL SEGRETO DI BLACK RABBIT HALL recensito da Annarosa Tonin







Cornovaglia, 1968. Amber Alton ha quattordici anni e ama sia la vita a Londra, con la sua amica Matilda a parlare di ragazzi, sia le vacanze a Black Rabbit Hall, sconfinata dimora che si erge, isolata e pronta ad accogliere come una madre, a ridosso di una natura selvaggia, ribelle e indomabile, e proprio per questo insostituibile agli occhi di quattro fratelli, di cui Amber, col gemello Toby, è la maggiore; gli altri sono ben più piccoli e si chiamano Barney e Kitty. Amber Alton narra al lettore la sua metamorfosi. Nel tentativo di restare se stessa, dopo la morte della madre Nancy, diventa la madre dei suoi fratelli, in attesa di Caroline, la seconda moglie di Hugo Alton. Amber parla al lettore come se le fosse vicino, come se, insieme a lei e i suoi fratelli, varcasse, in scene davvero memorabili, le stanze di Black Rabbit Hole, come se anche chi legge fosse scosso da ciò che accade all'interno, nel bosco e sulle rocce, spinto da ciò che spiegabile non è.

Cornovaglia, trent'anni dopo. La voce di Amber è spezzata da un'altra voce, una narrazione in terza persona che prende avvio nel momento in cui Lorna, giovane donna indipendente e sognatrice, è alla ricerca di un'antica dimora in cui organizzare il suo matrimonio con Jon. Lorna giunge a Pencraw Hall, il vero nome di Black Rabbit Hall, per parlare con la proprietaria, Mrs. Caroline Alton. Lorna è già stata in quel luogo da piccola, insieme alla madre, ma lo ha sempre visto da lontano. Vi ritorna vestita di un abito giallo, lo stesso colore indossato da Amber Alton il giorno in cui ha conosciuto Caroline.

Eve Chase è l'Autrice de "Il segreto di Black Rabbit Hall" e in questa sua opera prima il lettore riconosce una lunga tradizione narrativa inglese che dal romanzo gotico alle sorelle Brontë a George Eliot arriva a Virginia Woolf. Attente descrizioni, profonde pagine ricche di introspezione, dialoghi che quasi si sentono, un ritmo che deve molto a letture classiche, come "Cime tempestose". 

"Il segreto di Black Rabbit Hall" parla dei luoghi dell'infanzia, quelli che segnano la crescita e chiamano ogniqualvolta la vita richiede passaggi gioiosi o dolorosi. Il tema romantico della natura madre e matrigna, che custodisce o cancella il passaggio dell'uomo, rendendolo effimero o eterno, è simboleggiato da un albero a ridosso del fiume, un albero intagliato, inciso di nomi e date, a ricordo di un legame fortissimo tra fratelli. Un albero tra le cui fronde Amber e Lorna, in momenti diversi, comprendono quale deve essere la strada da percorrere. La sorte misteriosa dei quattro fratelli unirà la storia di Amber e Lorna, in un percorso di ricerca e di sfida al Male, necessario per scoprire chi si è veramente. Nella certezza che il sentimento figlio dei legami di sangue ci accompagna per sempre. In questo senso, magnifica appare la citazione iniziale da Fratello e Sorella di George Eliot: Era il mio saggio, e quando mi parlava/di serpi e uccelli, e di chi di Dio è l'eletto/la sua sapienza il confine segnava/tra l'uomo cieco e l'angelo che sa tutto./Se diceva Stai zitta! il fiato trattenevo;/quando diceva Vieni! fiduciosa correvo.

Viaggiare con le Parole " Anatomia di un soldato" di Harry Parker


ancora un contributo dell'amico Patrizio Neri
Ero stato fissato al muro da una squadra di operai, in un nuovo bagno per disabili di un centro di riabilitazione che si stava espandendo. Riflettevo le maniglie, il lavandino, l'asciugatore per le mani e il water lucido. Dal soffitto pendeva un cordino rosso antipanico.
Entravano in molti, spesso con le stampelle o in sedia a rotelle, e io riflettevo la loro immagine mentre chiudevano la porta con gesti impacciati. Si reggevano alle maniglie, tiravano lo sciacquone e usavano il lavandino. Alcuni non dovevano sedersi sul water e si svuotavano dell'urina da un tubo.
Comparve un nuovo uomo. All'inizio lo accompagnava un'infermiera, che lo aiutava a pulirsi, ma nel giro di qualche settimana fu abbastanza forte da farlo da solo.
Adesso era tornato, e si issò dalla sedia a rotelle sulla tazza del water, con i monconi che gli spuntavano davanti. Portava una maglietta e un paio di calzoncini e mentre faceva i suoi bisogni si guardò in mezzo alle gambe. Quando ebbe finito tirò la catena, tornò sulla sedia a rotelle e si diede una spinta fino alla porta. Ma stavolta intravide il proprio riflesso su di me e si fermò. Quello che mostravo era diverso dall'immagine che aveva di sé. Vide gli arti mostruosamente corti e lo spazio che li separava dal pavimento, dove un tempo esisteva una parte di lui. Capì che l'immagine riflessa era quella che vedevano gli altri, e rimase sconvolto. Scosse la testa incredulo. Era un essere innaturale, creato dalla violenza della guerra e salvato dai soldati e dai medici; era sopravvissuto a qualcosa a cui non si poteva sopravvivere, e si vedeva. Provò un senso di disgusto.
Si tolse i calzoni e poi la maglietta e li gettò a terra. Nudo, si specchiò dentro di me e poi abbassò gli occhi su di sé e scosse di nuovo la testa, senza volerlo.
Vide le cicatrici grottesche e le pieghe di carne e gli innesti di pelle arrossata che gli coprivano le ferite. Vide la violenza della bomba. Chi potrebbe amare questa cosa, pensò. Poi chiuse gli occhi e iniziò.
Faceva male, ma meno di tutto il resto, e la sua espressione non cambiò e non ci fu nessun piacere. Quando ebbe finito, i suoi nervi recisi ronzavano e lui chinò la testa e respirò. Aveva il seme scuro di sangue in seguito al trauma e lo guardò sorpreso. Si avvicinò al distributore di salviettine, tirò di nuovo lo sciacquone, si rivestì e se ne andò. Non si specchiò mai più su di me.
Il testo è tratto da " Anatomia di un soldato" di Harry Parker ediz. BIGSUR.
Dopo "Laccio emostatico" un altro capitolo di questo bel romanzo sul dramma eterno della guerra.

martedì 9 maggio 2017

Le Rose e altre storie delle Voci In Viaggio

Sabato 20 maggio alle ore 17,30 vi aspettiamo al Caffè Arcadia di Corte delle Rose a Conegliano per potervi offrire il fiore di maggio per eccellenza. Lo faremo, come al solito, alla nostra maniera, ma siamo sicuri che il suo profumo vi accompagnerà per tutta la serata.


lunedì 8 maggio 2017

Il Raccontino del Lunedì "Norwegian wood: il metodo scandinavo per tagliare, accatastare e scaldarsi con la legna" di Lars Mytting

Ancora un estratto da un libro offerto dal nostro collaboratore Patrizio Neri

...Quando il boscaiolo inesperto si accinge all'opera, occorre una certa dose di autocontrollo: la prudenza è una virtù che serve anche all'impiegato d'ufficio, ma più ancora a chi maneggia una motosega. Anche i boscaioli di una volta avevano terribili incidenti sul lavoro, e chi non usa la massima accortezza con la motosega rischia di mutilarsi. A piena velocità, la catena scorre a 70 km/h, e calcolando entrambi i lati il taglialegna si ritrova in stretta vicinanza con più di mille famelici denti al secondo. Questo libro non ha la pretesa d'insegnare come abbattere alberi in modo sicuro: occorrono testi appositi e insegnamenti pratici. In Norvegia è ormai diffusa l'idea che per maneggiare una motosega si debba seguire un corso specifico, o imparare da un boscaiolo esperto, anche perché i metodi cambiano a seconda dell'ambiente locale e di quale tipo di alberi si vuole abbattere. I corsi di sicurezza esistono un po' dappertutto, e i fabbricanti di motoseghe forniscono ottimi libretti d'istruzione e filmati (disponibili anche su internet) che indicano le procedure corrette.
C'è una regola importante, da seguuire sempre: l'albero va abbattuto con due tagli, il primo dei quali deve penetrare per 1/4 del diametro del tronco, in modo da ottenere una caduta controllata, nella direzione desiderata. Il secondo va praticato dal lato opposto, e deve fermarsi a pochi centimetri dal limite del primo, dimodoché la parte non tagliata funga da cerniera sulla quale l'albero si piegherà con un movimento fluido. Se il tronco non è perfettamente dritto, questo secondo taglio può essere adattato all'inclinazione dell'albero in modo da regolare la direzione di caduta, ma apprendere questa tecnica da un libro è come seguire un corso di tango per corrispondenza.
Durante la sramatura si rischiano incidenti. L'accorgimento più importante è quello di posizionarsi da un lato dell'albero e sramare la parte opposta, con la barra della sega appoggiata al tronco. Ai corsi vengono impartite alcune regole fisse: farsi accompagnare da un esperto, non portare mai con sé un cane o un bambino, cominciare dagli alberi più piccoli e prestare sempre la massima attenzione al vento, perché basta un lieve refolo per far oscillare anche l'albero più grosso. Agli inizi è già abbastanza difficile far cadere nella giusta direzione un albero di medie dimensioni; se poi ci si mette anche il vento, si aggiunge un ulteriore fattore di rischio. Anche se il primo taglio è perfetto e la procedura viene seguita meticolosamente, una folata può spingere l'albero nella direzione sbagliata, e nulla può arrestarne la caduta. Questo lavoro, all'apparenza tanto semplice e rozzo, in realtà, presenta una gran quantità di sottigliezze e trucchetti che solo la dura scuola dell'esperienza può insegnare.