...una voce...tante emozioni...un viaggio...tante voci...un libro...le voci in viaggio...
Siamo un gruppo di persone che Ama la lettura e ha deciso di mettere in valigia storie, racconti, fiabe, poesie e di partire per un lungo Viaggio, in mezzo alla gente.
Ad ogni tappa del nostro cammino trasmettiamo con la nostra Voce emozioni che partono da Viaggi lontani, a volte persi nel tempo.
Leggendo parole scritte da vite più o meno note, ma che hanno lasciato un segno nella storia del mondo, possiamo leggere la vita di tutti i giorni e cominciare a scrivere quella che verrà.
L’emozione più grande è leggere negli occhi e nel cuore di chi ti ascolta la condivisione di ciò che arriva dalla nostra anima.
Ed è l’inizio di un nuovo Viaggio…


Le Voci Consigliano

giovedì 30 marzo 2017

Viaggiare con le Parole LA PASSIONE SECONDO MATTEO di Paolo Zardi


ancora un contributo dell'amica collaboratrice Annarosa Maria Tonin

"La passione secondo Matteo" di Paolo Zardi parte come un romanzo kantiano, dove la legge morale, da obbligo esterno, frutto dell'educazione ricevuta e della formazione professionale, diventa imperativo categorico interiore.

Matteo, il protagonista, vive un tempo reale trattenuto, scandito da lavoro e famiglia e dall'etica che li fonda, diventando egli stesso il ferreo simbolo di questo edificio, per la conservazione della cui solidità fa appello alla preghiera e a una fede devota appresa da bambino.

Nel tempo reale egli ha costruito un edificio privo di felicità, quella felicità che egli incontra nel tempo del sogno, riapparso nella sua vita quando riappaiono, fisicamente e nella memoria, le origini del suo dolore, della sua Via Crucis: la morte della madre, la malattia del padre.

La passione di Matteo è la scoperta dell' "incapacità di separare odio e amore", la scoperta del corpo suo e degli altri, riconosciuto attraverso la nudità. Tutto questo grazie alla risposta affermativa a una domanda: "È necessario oltrepassare i confini della propria esistenza?"

La Via Crucis rinnovata di Matteo, rinnovata dopo trent'anni dalla prima, è proprio questa: compiere un viaggio dall'Italia all'Ucraina, insieme alla sorella Giulia, che non vede da trent'anni, chiamato dal padre, Giovanni, che non vede da trent'anni, dalla morte della madre Virginia.

Ed è proprio lontano dai suoi luoghi-edifici esistenziali, lavoro e famiglia, sempre in quest'ordine, lontano, dunque, a Est, a contatto con una dettagliata desolata povertà, che la natura umana si spoglia di ciò che aveva costruito, delle finzioni, degli obblighi, dei riti, del denaro, per andare incontro alla scarna essenza, all'uomo fatto di "due metà in uno".

Piano piano, con calibrata e tesa cura della parola, Paolo Zardi rende "La passione secondo Matteo" un romanzo in cui riecheggiano Thomas Mann e Robert Musil, in cui la costruzione delle sue tre parti, corrispondenti ai nomi di figlia, padre e figlio, segue la partitura dell'opera di Johann Sebastian Bach.

Le tre parti, infatti, sono composte da: cori, brani piuttosto lunghi che si trovano all'inizio, nel momento più drammatico e alla fine della vicenda narrata; corali, momenti di preghiera semplice, devozionale; turbe, brani brevi, in cui si scontrano pensieri differenti; brani per coro e solisti; recitativi e, quindi, dialoghi serrati; arie, in cui l'essenza umana emerge in tutta la sua grandezza e fragilità.

"La passione secondo Matteo", dunque, è un unico, immenso inno alla vita e alla cognizione del corpo che si fa dolore.  

"The Lost Way" a Conegliano: Il mistero è stato svelato o...qualcuno ha ancora dubbi?

a tutti quelli che sanno ancora sognare un mondo migliore
Ringraziamo tutti i bambini (e i bambini cresciuti) che ci sono venuti a trovare,
che hanno voluto seguirci in questo viaggio alla scoperta di un mistero
che ancora ci pone delle domande.
Torneranno nel villaggio o rimarranno per sempre nel bosco?
La risposta sarà sempre nelle nostre azioni.







le Voci vi danno appuntamento alla prossima performance, seguiteci

Viaggiare con le Parole: "IT" di Stephen King

nella nostra libreria di fiducia Via Manin a Vittorio Veneto

"Ben adorava la biblioteca.
Ne amava la perenne frescura, anche nelle più torride giornate di una lunga estate calda; ne amava il mormorante silenzio, rotto solo da sporadici bisbigli, dal tonfo ovattato di un bibliotecario che timbrava libri e tessere, o dallo sfogliar di pagine nella sala periodici, dove si intrattenevano gli anziani a leggere giornali inseriti in lunghi bastoni. Amava l'illuminazione, quella dei raggi obliqui che entravano dalle alte e strette finestre nel pomeriggio o quella raccolta in pozze pigre sotto i globi appesi al soffitto con catenelle nelle sere invernali, con il vento che sibilava all'esterno. Gli piaceva l'odore dei libri, un odore di spezie, che aveva del favoloso."
Stephen King - It (Pickwick - Sperling & Kupfer)

martedì 28 marzo 2017

Riflettere sulle parole "Papà, mamma e gender" di Michela Marzano

ancora un contributo dell'amico Patrizio Neri:
un breve estratto di un libro che tutti dovrebbero leggere

" Ma perché sempre assieme, perché corpo e madre? " chiede la protagonista di Pelle di marmo, uno dei romanzi più belli della scrittrice croata Slavenka Drakulic. Riassumendo così quello che, per secoli, è stato considerato il cardine della femminilità: diventare madre. Senza figli, una donna era necessariamente incompleta, insoddisfatta, imperfetta. Al punto che non averne, era più che un semplice tabù; era una vera e propria maledizione. Da allora, di strada ne è stata fatta molta. Le donne hanno cominciato a rivendicare la possibilità di scegliere se, e quando, diventare madri. Hanno capito di avere il diritto di rifiutare il ruolo procreativo. Hanno scoperto di poter essere "altro". Fino a trasformare la vergogna in orgoglio: fiere di non avere figli, molte di loro parlano oggi di libertà ritrovata, di autonomia raggiunta, di coraggio. Ma è per forza necessario schierarsi da una parte o dall'altra di una dicotomia che, forse, non ha più ragion d'essere? Perché passare dalla vergogna all'orgoglio? Di cosa ci si dovrebbe vergognare oppure essere fieri?
Ci sono donne che, ancora oggi, pensano che una vita senza figli non abbia senso. Sono convinte che sia giusto lasciare dietro di sé una traccia e avere almeno un motivo serio per cui alzarsi la mattina e coricarsi la sera. E allora organizzano la propria esistenza in modo da conciliare vita lavorativa e vita affettiva, oppure decidono di sacrificare la carriera ai figli. E dopo un po' tutto gira intorno ai bambini da accudire, all'avvenire da costruire, ai valori da trasmettere. Ma ci sono anche donne che la pensano in maniera diametralmente opposta. Che si vogliono dedicare interamente alla carriera e al successo personale. Che immaginano che i figli siano solo un peso o una responsabilità troppo grande. E quando qualcuno chiede loro perché non hanno avuto figli, rispondono che è stata una scelta e che nessuno dovrebbe permettersi di giudicarle. E allora si passa dalla vergogna all'orgoglio, anche se forse, con l'avere figli, non c'entrano né la vergogna né l'orgoglio. E come tante altre cose che nell'esistenza si immagina di poter controllare e di poter decidere, anche diventare o meno madri è semplicemente qualcosa che accade, oppure no. Ci sono gli incontri che si fanno e le persone che si amano. Le opportunità. Il caso. E poi c'è il passato che ognuna si porta dentro, l'infanzia che si è vissuta e le cose che si vogliono o meno riparare. Riprendere il filo interrotto di una narrazione affinché la fine della storia sia diversa. Oppure rompere definitivamente con l'infanzia, ed evitare che la storia si ripeta sempre nello stesso modo.
Avere o non avere figli è uno dei tanti elementi della vita. Una di quelle cose che contribuiscono a fare di ogni donna quello che è. Né migliore né peggiore, in fondo. Esattamente come il lavoro che si sceglie o che si subisce. O le persone che si amano, che talvolta sono esattamente come si pensava che dovessero essere, ma che tante volte sono del tutto diverse. Ebbene per i figli vale lo stesso. Talvolta sono un modo per coronare un sogno, e allora ci si dichiara orgogliose di averli e si appiccica addosso a chi non ne ha l'etichetta di "infelice". Talvolta si vorrebbe averli e non arrivano, e allora si fa di tutto per riorganizzare la propria esistenza in modo da colmare differentemente quel vuoto, riuscendo nonostante tutto a essere felici. Talvolta arrivano senza averli voluti, e poi si scopre che sono la cosa più bella che sia mai capitata. Talvolta proprio non li si vuole e si è orgogliose di definirsi childfree. Niente è semplice come sembra. Ogni donna si aggiusta come può con i fatti della propria esistenza. E, in fondo, va bene così. Senza bisogno di evocare la vergogna o l'orgoglio. Soprattutto quando si tratta dei figli.
Il testo è tratto da " Papà, Mamma e Gender " di Michela Marzano  ediz. UTET

lunedì 20 marzo 2017

"Eravamo dei grandissimi" di Clemens Meyer ediz. Keller

Il raccontino del lunedì di Patrizio Neri

La scuola bruciava. Eravamo distesi a terra sulle scale e nei corridoi, non potevamo più uscire. Di sotto esplodevano bombe a mano. Mark arrivò barcollando su per le scale con un cartello appeso al collo: Sopra c'era stampato a grandi lettere nere: "Ferita da granata". Cadde a terra qualche gradino sotto. 
"Cazzo, mi hanno beccato" sussurrò.
"Dove di preciso?" sporsi la testa dalla ringhiera.
Indicò il cartello. In basso, tra parentesi, c'era scritto in piccolo: "Addome".
"Una scheggia di granata in pancia è come una pallottola" commentai, "ci lasci la pelle. Sei morto".
"Ma va', vedrai che adesso vengono a prendermi".
"E' inutile, hai un'emorragia interna".
"Ma sta' zitto, Dani!" Si voltò con la faccia verso il muro. Restò lì fermo e buono, lo sentivo respirare. "Se avevi una pistola" dissi, "ora dovevi ucciderti da solo. Lo facevi?" Mark non rispose, di sicuro era occupato a soffrire. Pensavo al tipo in quel western che si spara in testa perché sa che tanto non ha scampo. Meno male che io non ero ferito alla pancia. Sollevai la testa e tossii forte, dopotutto avevo ustioni gravi e un'intossicazione da fumo, anche se questa non era specificata sul cartello. Tossii ancora più forte perché mi sentissero e venissero a prendermi. Katja si era stesa accanto alla porta, sopra una coperta. E quando avevo fatto per sdraiarmi di fianco a lei quegli scemi degli infermieri mi avevano cacciato. "Ustioni e lacerazione dei tessuti molli al primo e al secondo piano" avevano detto. Sul cartello di Katja c'era scritto "Ferita grave testa (probabile ritenzione proiettile)". Lei era presidente del Gruppenrat, si era scelto il posto e la ferita migliori.
"Le ustioni non sono niente di che, ci va solo sopra un po' d'acqua; vedrai che ti lasciano lì dove stai, di te se ne infischiano!" Mark picchiò sorridendo un dito sul suo cartello. "A me invece devono operarmi, bisogna fare in fretta; verranno le ragazze del decimo anno e io gli appoggerò la testa sulle tette!" In quell'attimo le ragazze arrivarono davvero giù per le scale, però avevano la barella già occupata, c'era sopra Katja con il cartello della ferita alla testa appoggiato sul seno. La testa le ciondolava di qua e di là sulla barella: "Ehi, state un po' attente, da qualche parte c'è dentro una pallottola!" Si infilò una mano sotto la testa e mi sorrise. Le due ragazze del decimo anno arrivarono davanti a Mark, che era di traverso sulle scale. "Ehi, e io? A me che succede, devo crepare qua o cosa?"
"Dai, fà passare, dopo tocca anche a te".
"Ferita addome! Ho una scheggia in pancia, una scheggia gigante di granata!"
Le due risero e si limitarono a scavalcarlo.
"Lo sai a me che mi faranno? Ho un'intossicazione da fumo io, e pure grave. Respirazione bocca a bocca, capito?"
"Non raccontare balle". Mark si tirò su e guardò verso di me con gli occhi sgranati. "Stai raccontando balle, vero?"
"Ma no, credimi, me l'ha detto uno del sesto anno che l'anno scorso ha avuto lo stesso. Grave intossicazione da fumo!"
"Tu sei fuori di testa, lì non c'è scritta nessuna intossicazione, figurati se è grave!"
"Eh, ma l'intossicazione da fumo è sempre grave, mica devono stare lì a scriverlo. E con le ustioni l'intossicazione viene in automatico: oh, ero dentro in mezzo al fuoco! Loro devono fare tutto come nella realtà". Tossii e rantolai aggrappato alla ringhiera. "Cioè ti baciano proprio sul serio, per soffiarti dentro l'aria?"
"Certo! Poca aria, ovviamente, perché non sei mica ferito davvero, però devono farlo per l'esercitazione. E ti infilano dentro anche la lingua, se no come fanno a capire se per caso ce l'hai di traverso, come capita certe volte?"
"Mi stai prendendo in giro, Dani!"
"Ma no, ti giuro. Parola di pioniere!" Sollevai la mano. "Ti frugano dentro la bocca con la lingua, e stai attento, magari finisce che ci provano pure gusto".
"E i seni, Dani?"
"Be', ce li hai schiacciati addosso, ovviamente, li senti per bene".
"Dai, scambiamo!" Si tolse il cartello e me lo sventolò davanti alla faccia.
"Naa,scordatelo".
"E dai, Dani, guarda che anche un proiettile in pancia non è mica male, ti toccano le trippe, te le accarezzano per benino. E lo fanno solo le femmine eh?, possono farlo solo loro perché hanno le dita più sensibili!"
"Naa, scordatelo Mark".
"No, ma guarda bene cosa c'è scritto qua: Ferita addome! Capito, addome!"
"Non mi va, Mark, no, non voglio scambiare. Levati di torno, tu e la tua scheggia del cazzo" Scivolai lontano da lui, verso il muro. Mark mi venne dietro.
"Ehi, aspetta un attimo, ho detto addome, capito? Vuol dire che devono controllare tutta la zona!" Lo spinsi via. "Non lo voglio il tuo cavolo di cartello, l'hai capito o no? Ho la mia intossicazione, io. Non mi rompere con il tuo addome del cazzo!". "Ti prego, Dani, dammelo. Dai, scambiamo. Siamo amici o no?" Allungò una mano verso di me e il mio cartello, e io la allontanai con una pacca. Subito mi strinse il maglione con l'altra mano, io mi alzai, feci per dargli un calcio, lui mi prese la gamba e rotolammo giù per le scale. Mark si buttò su di me e mi ficcò un ginocchio sulla pancia. "Mark!" non potevo gridare forte perché mi mancava l'aria. "Mark, aiuto!" finalmente mollò la presa, probabilmente ero già un po' blu in faccia. Ripresi fiato. "Ma sei diventato scemo?!"
Due gambe. Due scarpe di pelle marrone. Due pieghe stirate dritte proprio davanti alla mia faccia. Mi torsi indietro e guardai in alto.
Il preside.
Il testo è tratto da "Eravamo dei grandissimi" di Clemens Meyer ediz. Keller
Dedicato a chi era stufo di raccontini troppo seri.

venerdì 17 marzo 2017

"L'Uomo di Casa" recensito da Annarosa Maria Tonin per Viaggiare con le Parole



conosci davvero la persona che ti dorme accanto?

Il comune di Vienna (Virginia) "si estende per un'area di oltre quattro miglia quadrate. Le abitazioni sono tutte case singole e ville di pregevole fattura, suddivise in quartieri immersi nel verde, spesso in mezzo a vere e proprie aree boschive".

Una di queste villette, raffigurata a sera, illuminata dalla luce artificiale, compare nella sovracopertina de "L'uomo di casa", il nuovo romanzo di Romano De Marco (Piemme Edizioni). A ben guardare, però, la copertina rigida sottostante, solitamente monocroma, ripropone al lettore la stessa immagine, ma in bianco e nero.

Ecco, l'ambivalenza di luce e ombra, di ciò che appare e ciò che è sedimentato, nascosto, di ciò che si pensa reale e, invece, è soltanto facciata, percorre tutta la trama del libro. Non soltanto l'America di oggi è il luogo della narrazione, ma anche l'America di fine anni Settanta, raccontata anch'essa in una strada, "una traversa della Idlewood nel quartiere di Oregon Hill" a Richmond, dove "gli infiniti strati di vernice colorata non riescono a mascherare la fatiscenza delle abitazioni stipate l'una a ridosso dell'altra, come i pendolari sulla metro nell'ora di punta".

Che cosa accomuna una tragica vicenda di oggi e un'ancor più tragica vicenda di trent'anni fa? Lungo questo filo conduttore, Romano De Marco narra di vite che si incrociano seguendo un percorso che ne nasconde un altro e un altro ancora. Conosci davvero la persona che ti dorme accanto? La domanda campeggia nella sovracopertina, ma è solo un indizio, come molti altri disseminati nel corso del testo. Conosci davvero le persone che ti circondano? è la domanda reale, quella che piano piano si fa strada, perché nessuno dei protagonisti è quello che sembra.

Tutto parte da un omicidio, da una moglie che si pone molte domande su chi fosse il marito, trovato morto in circostanze misteriose, da una schiera di personaggi, tutti di grande spessore narrativo, tenuti a bada dall'Autore che, come un consumato auriga, non si fa prendere la mano e ricompone un mosaico le cui tessere, perdute nel tempo, ma mai dimenticate, conducono a una sorta di scontro finale, tra Male e Bene. Ma anche questo è apparenza.

Di fronte al Male si erge la Maternità, che fa "scoprire" a una dei protagonisti "di poter attingere a una forza che non pensava di avere". La Maternità fugge dal Male, ma, inseguita dalle proprie ombre, è costretta ad affrontarlo di nuovo. La Fuga senza Fine può fermarsi?

"Dentro il nostro cuore sappiamo bene che non è così, sappiamo che stiamo cercando risposte dentro una bugia, perché il mondo, in realtà, è solo un luogo orribile, dove accadono continuamente cose orribili".

Tre piani narrativi per un romanzo al cui cospetto il lettore si interroga fin dall'inizio, non soltanto sull'identità reale dei protagonisti. Un'indagine mai risolta, una nuova indagine, una terza voce senza connotazioni spazio-temporali. La vera chiave di lettura dell'intera struttura del testo.

"L'uomo di casa" è un romanzo di Madri e Figli, un romanzo che parla di un legame che oltrepassa la necessità di avere una risposta per tutto.

"The Lost Way" ovvero Il mistero nel folto del bosco

Nel nostro villaggio stanno accadendo cose strane, e ci sono persone strane, e mancano alcuni protagonisti della vita di ogni paese o...forse...non ci sono mai stati. La maestra Margherita aspetta il loro ritorno. Gli adulti non ne vogliono parlare e se glielo chiedi, negano . La fata ci svelerà il mistero del bosco? E la grotta che segreti nasconde? Solo accompagnandoci nel nostro viaggio scoprirete, forse, la verità...

domenica 12 marzo 2017

Viaggiare fra le pagine: La Letteratura Odeporica di Katia Ceccarelli



Diamo il benvenuto nel nostro blog alla nostra nuova collaboratrice Katia Ceccarelli, appassionata di fotografia, di letteratura, in particolar modo russa, e scrittrice. Al suo attivo due libri: il saggio Lolite. Storie e visioni di piccole seduttrici e La bionda del Kontiki, oltre a diverse collaborazioni con riviste specializzate e partecipazione ad antologie di racconti. In questo primo contributo ci parla della  Letteratura Odeporica.
Viaggiare fra le Pagine

Letteratura odeporica, con questa definizione ci si riferisce alla narrativa di viaggio e a tutte quelle tipologie di racconto delle motivazioni che spingono ad esso o dei fatti che ne caratterizzano l'evoluzione.
Si tratta di un vero e proprio genere a se stante per quanto essendo cambiate nei secoli le tipologie di viaggio, ci si possa spesso trovare fra le mani il resoconto di un percorso interiore, di un cambiamento di prospettiva, di un sogno o di una spedizione spaziale oppure un testo scientifico o un saggio.
Ricordo fin dai tempi delle scuole medie che il primo racconto di viaggio con cui ci si confrontava era "Il Milione" di Marco Polo, in quegli stessi anni ne fu anche tratta una versione televisiva, oggi la chiamerebbero semplicemente "Serie Tv" o "Fiction".
Il mio professore di letteratura russa invece faceva risalire la nascita del genere alla più antica "Anabasi" di Senofonte, il racconto di una spedizione di mercenari greci arruolati da Ciro il giovane per spodestare il fratello Artaserse, imperatore di Persia. Era il IV secolo a.C.  e legioni di liceali negli ultimi secoli si sono rotti la testa, e anche altro forse, traducendo Senofonte per poi arrivare in tarda età a ricordare con nostalgia il grido ""Thálassa! Thálassa!" [ll mare, il mare].
Il mare poi è indubbiamente il più grande protagonista della letteratura di viaggio, almeno in ambito europeo, basti pensare all'Odissea che, volenti o nolenti, rappresenta il fondamento su cui si basano le società in cui viviamo e di cui siamo i prodotti.
Ci sono poi i viaggi immaginati come quelli di Jules Verne o Jonathan Swift, i diari di viaggio come quelli di Bruce Chatwin e Jack London o i viaggi senza spostarsi come il caso di Xavier de Maistre che alla fine del Settecento scrive un romanzo in cui racconta di un viaggio compiuto in lungo e in largo nella sua stanza.
Insomma la nostra vita di lettori è costellata di esempi di "letteratura odeporica" anche se non ce ne siamo mai accorti.
Tenterò in questo mio personalissimo viaggio di parlarvi di romanzi noti e meno noti nella speranza di non rendere il cammino interminabile a causa della noia.
Al prossimo appuntamento con il primo viaggio sulle pagine di un libro.

giovedì 9 marzo 2017

Viaggiare con le Immagini°°°Zona D'Ombra°°°


ZONA D'OMBRA - GAME BRAIN:
Un sempre sorprendente Will Smith (mi piace più come attore drammatico che comico) ci porta nelle zone d'ombra del gioco americano per eccellenza: il football.
La visione che ho avuto è stata quella riportata da testi e film che documentano i giochi nel Colosseo: orde di persone che inneggiano alla violenza.
"Livellato!" urlano gli speacker quando un giocatore viene steso perché placcato con violenza da un altro giocatore.
Ovviamente non senza subire danni, ma non importa, questo sport produce lavoro e frutta milioni di dollari nelle tasche di chi dirige e di chi si gioca anche la vita.
Will Smith, che interpreta un patologo nigeriano arrivato in America per esprimersi al meglio grazie alla possibilità di studiare e di esercitare, si fa "raccontare" dalle vittime che deve analizzare cosa può essergli successo. Le chiama per nome e poi le ringrazia per quanto hanno "detto".
E alcune di loro sveleranno una terribile verità.
by Antonella

Viaggiare con le Immagini°°°Florida°°°


FLORIDA un delicato film francese che tratta la vecchiaia con ironia senza evitare di farci vedere la difficoltà dei rapporti tra chi è ancora attivo e chi lo è stato ed ora...viaggia tra il passato e il futuro.
Claude conquista con le sue fanciullesche trovate,, anche se ha già 82 anni e un passato di fondatore di una importante cartiera di Annecy.
Ci commuovono i suoi salti nel buio, i suoi gesti a volte estremi.
La figlia e i nipoti fanno da importante contorno suggerendo che, nonostante le difficoltà oggettive, l'affetto rende possibile abbattere tanti muri.
In un mondo ideale sarebbe bello vivere la propria senilità all'interno di un immenso luna park perché tanto è come tornare bambini, no?
by Antonella

lunedì 6 marzo 2017

Per un otto marzo in volo

Anche quest'anno ci stiamo avvicinando all'8 marzo, giornata importante, anniversario indimenticabile. Ultimamente purtroppo piuttosto banalizzato.
Qualche giorno fa ho assistito alla presentazione del libro di Elena Girardin, scrittrice e insegnante vicentina. Qualcuno potrebbe dire "un libriccino", piccolo, non invadente... E invece no, è un grande libro, importante, con una ambizione educativa vibrante, solo come le migliori insegnanti sanno esprimere. Un libro che parla di donne, esattamente dieci che, vissute in epoche diverse, hanno reso autentica la loro vita e più grande il loro paese. Sono uscita da quella piccola libreria indipendente di via Manin a Vittorio Veneto contenta di quell'incontro, perché il libro in questione è frutto di un grande lavoro di ricerca, in alcuni casi di scoperta, in altri di riscoperta di donne coraggiose che hanno vissuto, amato, studiato molto. Queste donne hanno fatto della loro vita una ricerca costante, non sterile o fine a se stessa, ma che portasse ad una condivisione intellettuale e sociale. Esse hanno lottato per questo loro sogno, nonostante i periodi storici in cui sono vissute non fossero favorevoli ad una emancipazione femminile. Erano persone libere e sono rimaste tali.
Ritornando verso casa pensavo ad un augurio per le mie nipotine e per tutte le donne di tutte le età per l'8 marzo: "Leggete, studiate, formatevi, lavorate, siate tenaci, determinate, coraggiose, sognate, siate leggere, amate e...volate.  Non permettete mai a nessuno di farvi rinunciare a voi stesse e alla vostra vita"

Viaggiare con le Immagini "Anatomia di un soldato" di Harry Parker


ancora un toccante estratto regalatoci dal nostro amico Patrizio Neri
Il mio numero di serie è 6545-01-522. Sono stato estratto da una confezione di plastica, srotolato, controllato e rimesso a posto: Un pennarello nero ha scritto sopra di me BA5799-0-Positivo e sono stato infilato nella tasca sulla coscia sinistra dei pantaloni della mimetica di BA5799. Sono rimasto lì: la tasca è stata aperta di rado. Ho passato dentro la tasca otto settimane, due giorni e quattro ore. Ancora non c'era bisogno di me. Scivolavo avanti e indietro contro la coscia di BA5799, avanti e indietro, in genere lentamente ma a volte in fretta, rimbalzando. E c'era del rumore: scoppi, colpi, gemiti acuti, grida di eccitazione e di rabbia.
Ho viaggiato a bordo di veicoli con cingoli e ruote, con ali e rotori. sono stato messo a mollo nell'acqua saponata e poi steso ad asciugare su un filo e per un giorno non ho fatto nulla. Alle 06 e 18' del 15 agosto, mentre scivolavo avanti e indietro lungo la coscia di BA5799, sono stato sollevato in aria e rigirato su me stesso. E tutt'a un tratto mi sono ritrovato alla luce del sole. C'erano polvere, confusione e grida. Ero a terra accanto a lui. Lui stava riverso a faccia in giù; era incompleto. Ero accanto a lui mentre intorno a noi cadevano pietre e fango.
Ero in mezzo alla polvere quando un liqiudo rosso scuro ha cominciato a scorrere a zig zag verso di me sopra il fango secco e screpolato. Ero lì quando non veniva nessuno e lui era solo e non poteva muoversi. Ero ancora lì mentre BA5799 veniva colto dalla paura e da una patetica disperazione, mentre lo rigiravano e gli infilavano due dita in bocca, mentre gli pompavano sul petto e gli facevano entrare l'aria nei polmoni a forza.
Sono stato raccolto da una mano scivolosa, le sono sfuggito e sono ricaduto a terra, poi sono stato raccolto di nuovo. Sono stato aperto da dita in preda al panico e coperto di quel liquido denso. Sono stato messo addosso a BA5799. Mi hanno stretto. Ho aderito. Mi sono chiuso attorno alla sua gamba finché le pulsazioni non mi hanno battuto contro. E lui faceva smorfie e mugulava digrignando i denti. Mi hanno stretto ancora di più, gli ho afferrato forte la coscia; l'ho fatto smettere di sanguinare per terra. Gli sono rimasto attaccato addosso mentre lo caricavano su una barella  e lui affondava i denti nel braccio di un uomo che lo trasportava. Gli sono rimasto attaccato quando siamo saliti sull'elicottero: A quel punto mi hanno stretto di nuovo, e l'ho afferrato ancora più forte. Gli sono rimasto attaccato mentre volavamo bassi sopra i campi e i fossi di irrigazione luccicanti e il vento soffiava intorno all'elicottero, quando lui ha implorato Dio di salvarlo e gli hanno messo delle placche di metallo sul torace e il suo corpo ha sussultato. E gli sono rimasto attaccato quando l'apparecchio ha smesso di dare un segnale, quando contro di me non pulsava più nulla.
Ero lì quando sono venuti di corsa verso l'elicottero e ci hanno portati al fresco dell'ospedale. Ero lì quando i dottori sembravano preoccupati. Gli sono rimasto attaccato quando si è ripreso, quando la macchina ha riemesso un segnale e il cuore vacillante ha ripreso a battere.
Ero ancora lì quando hanno appeso la sacca di sangue sopra BA5799 e gli hanno tagliato via quel che restava della gamba. E poi mi hanno srotolato e sciolto e non ero più lì: a BA5799 non servivo più.
Il mio numero di serie è 6545-01-522-laccio emostatico. Sono finito in fondo a un bidone per i rifiuti della sala operatoria e poi mi hanno bruciato.
Il testo è tratto da "Anatomia di un soldato" di Harry Parker. ediz. BIGSUR.
L'autore del romanzo, con il nome di Tom Barnes, è un giovane capitano dell'esercito britannico in Afghanistan, che durante una missione salta in aria su un ordigno improvvisato e perde le gambe. La storia, autobiografica e tragicamente ordinaria, è raccontata in maniera originale attraverso 45 capitoli ciascuno narrato da un oggetto testimone della vicenda: una scarpa da ginnastica, uno zaino, una bicicletta, una borsa, una sega, una protesi.....Un coro di voci prive di sentimentalismo e di ideologia che raccontano il dramma eterno della guerra, con il suo carico di dolore e distruzione, ma anche la capacità umana di conservare la speranza.
Ottimo romanzo.
Agli amici in C.R.I. che di lacci emostatici se ne intendono.

domenica 5 marzo 2017

Viaggiare con le Parole °°Inerti°°di Barbara Giangravé


Una nuova recensione della nostra collaboratrice Annarosa Maria Tonin

"A me stessa per aver vissuto gli ultimi quattro anni della mia vita come se fossero quaranta".
Con questa dedica si apre "Inerti", romanzo scritto dalla giornalista e attivista antimafia palermitana Barbara Giangravé. Parte integrante del testo, la dedica offre al lettore fin da subito la netta convinzione che un tempo relativamente breve possa recare con sé la percezione di un tempo lungo.
Nella narrazione, che ripercorre la storia di un'indagine, il tempo si dilata, riannodando i fili di un passato che la protagonista, Gioia Lantieri, pensa di essersi lasciata alle spalle, e intrecciando le vicende di un presente nascosto e da svelare con un futuro che si vorrebbe migliore, ma di cui non si afferra la reale necessità, perché passato e presente sono ancora troppo pesanti.
Barbara Giangravè conduce il lettore ad Acremonte, paese dell'entroterra siciliano, rendendolo immediatamente partecipe della storia di Gioia. Licenziata dall'azienda per cui lavora, lascia Palermo e ad Acremonte, lavorando come libraia, inizia a ricomporre le tessere di un mosaico familiare e collettivo che la portano a non voler più fuggire ma ad affrontare la realtà dei fatti e delle persone. Dapprima Gioia accoglie su di sé il peso della ricerca sul perché ad Acremonte la gente muoia giovane e in un lasso di tempo breve le morti aumentino. Piano piano Gioia esce dal proprio guscio come la gente di Acremonte e l'incontro di vite fino a quel momento parallele fa sì che la forza di Gioia aumenti, fino a raccogliere tutto ciò che serve per fare giustizia e tentare di cambiare il destino di un paese e della sua gente, segnato dalla volontà di chi esercita un potere secolare e incontrastato.
"Inerti" è legato alle dichiarazioni che il pentito Carmine Schiavone ha rilasciato a Barbara Giangravè un anno prima di morire, e all'inchiesta condotta dalla giornalista sul traffico illecito di rifiuti e la conseguente diffusione del cancro, in un continuo intrecciarsi di interessi politici ed economici, fin dagli anni Settanta.
La lettura di "Inerti" porta a concludere che la protagonista principale è la terra. Alla terra torniamo tutti. E non a caso è questo l'arrivo di Gioia Lantieri ad Acremonte: "Riempita ben oltre le sue capacità di carico, la Fiesta impiega tre ore per arrivare, arrancando a fatica, sul piazzale esterno del cimitero monumentale. Gioia scende, si stiracchia, si incammina di buon passo e supera il grande cancello in ferro battuto".


venerdì 3 marzo 2017

Viaggiare con le Parole --"Born to run" di Bruce Springsteen


un piccolo assaggio offerto dal nostro amico Patrizio Neri
...Negli anni 50', le sorelle della chiesa di St. Rose non andavano tanto per il sottile. Un giorno in terza media, non ricordo perché, mi misero in punizione dietro un banco della prima elementare. Felice di avere il pomeriggio libero, a un certo punto mi accorsi che i gemelli di uno scolaro riflettevano il sole sulla parete. Con occhi sognanti seguii la luce oltre la finestra, verso il soffitto. Poi però la suora si rivolse a un nerboruto tutore dell'ordine seduto in prima fila: "Fa' un po' vedere al nostro ospite come trattiamo chi non sta attento in classe". Il ragazzino mi si avvicinò con aria inespressiva e senza battere ciglio mi mollò un ceffone così violento che risuonò nell'aula. Non potevo crederci: ero scosso, paonazzo e umiliato.
Prima di andare al liceo ne subii di tutti i colori: il classico righello sulle nocche, la cravatta stretta fino a farmi soffocare, chiuso a chiave in un ripostiglio buio e ficcato in un bidone dell'immondizia perché "è questo il tuo posto". Ordinaria amministrazione nelle scuole cattoliche degli anni 50', ma mi lasciava comunque l'amaro in bocca e mi allontanò una volta per tutte dalla religione.
A scuola, anche quando non ti toccava fisicamente, il cattolicesimo ti penetrava nelle ossa. Facevo il chierichetto, e nella sacra oscurità delle quattro del mattino mi trascinavo per le strade gelide fino alla sagrestia, dove nel silenzio dell'alba indossavo la veste talare ed eseguivo il rituale sulla terraferma di Dio preclusa ai civili, l'altare della St Rose. Qui respiravo l'incenso prestando assistenza al malmostoso monsignore ottantenne di fronte a un pubblico di parenti, suore e peccatori mattinieri. Non sapevo come muovermi e non studiavo il latino, un vero disastro, tanto che un giorno, alle sei, con grande costernazione dei fedeli, il monsignore mi afferrò per la tonaca e mi trascinò a faccia in giù sull'altare. Quel pomeriggio in cortile, sorella Charles Marie, la mia maestra di quinta elementare che aveva assistito all'episodio, mi regalò una medaglietta sacra. Una gentilezza che non ho mai dimenticato. Negli anni trascorsi alla St Rose avevo conosciuto fin troppo bene il logorio fisico ed emotivo del cattolicesimo. In terza media, il giorno del diploma, mi lasciai tutto alle spalle. "Mai più" mi dissi. Ero libero, libero, finalmente libero... E ci credetti per anni. Crescendo, però, cominciai a notare tracce di quell'imprinting nei miei pensieri, reazioni e comportamenti, e con grande sconcerto e desolazione dovetti riconoscere che se si è stati cattolici lo si rimane per sempre. Perciò smisi di prendermi in giro: oggi frequento di rado la religione, ma so che da qualche parte, nel profondo, faccio ancora parte della squadra.
E' questo il mondo in cui trovai le radici della mia musica.
Il testo è tratto da "Born to run" di Bruce Springsteen  ediz. Mondadori.

Viaggiare con le Parole°°Stephen Ambrose##Banda di Fratelli°° °°Erich M. Remarque##Niente di nuovo sul fronte occidentale°°

Due libri, due classici nel loro genere, apparentemente lontani eppure accumunati dallo stesso filo conduttore: l'orrore della guerra.
In "Niente di nuovo sul fronte occidentale", pubblicato per la prima volta nel 1929, Erich Maria Remarque, attraverso la storia di tre giovani amici, ci immerge nell' inferno delle trincee durante la Grande Guerra. La perdita dell'innocenza, la morte degli amici, la crudeltà dell'uomo, in un romanzo che ti rimane dentro.
In "Banda di fratelli...", pubblicato per la prima volta nel 1992, Stephen E. Ambrose ci racconta la sua esperienza diretta nella Compagnia Easy, dal D-Day fino alla conquista del famigerato nido dell'aquila. La storia vera di una manciata di ragazzi semplici divenuti, loro malgrado, protagonisti della storia. Ma anche la storia della loro amicizia attraverso gli orrori della guerra.
-Erich M. Remarque "Niente di nuovo sul fronte occidentale" Edizioni Neri Pozza.
-Stephen E. Ambrose "Banda di fratelli" Longanesi
Fonte>>>Francesco Torre-La libreria di va Manin, Vittorio Veneto

Viaggiare con le Parole --Elena Girardin###Le ali in tasca°°°recensito da Annarosa Tonin


"Quando desidero recuperare la memoria dei personaggi del passato, tendo a chiedermi che cosa rimane, quali sono, se ci sono, le tracce presenti".


Elena Girardin, insegnante di Lettere vicentina, già autrice di "Favole di paese" (Edizioni La Gru 2012) e "Le Petit Omar (Panda Edizioni 2014), con "Le ali in tasca" (Edizioni La Meridiana 2016) compie un viaggio del tutto originale nella memoria storica del Veneto e dell'Italia.


Attraverso la vicenda biografica di dieci donne, vissute tra il Cinquecento e il Novecento, il lettore è condotto per mano nel mondo di Caterina Cornaro, regina di Cipro, delle poetesse Modesta dal Pozzo alias Moderata Fonte, Erminia Fuà Fusinato e Vittoria Aganoor Pompilj, di Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, prima donna laureata al mondo, Elisabetta Caminer Turra, giornalista illuminista, dell'attrice Eleonora Duse, di Tina Merlin, scrittrice e giornalista partigiana, delle maestre Arpalice Cuman Pertile e Rita Majerotti.

"Le ali in tasca" è un libro che narra di queste donne in due forme differenti: il racconto e la nota storico-biografica. Ciascun personaggio ci viene presentato in un particolare momento della sua vita, quando decide di cambiare il proprio destino, già deciso da altri.

Elena Girardin si cala nel personaggio e lo fa parlare in un racconto breve. In questo modo il lettore è condotto in un tempo altro da quello presente e ne coglie gli aspetti peculiari, soprattutto con riferimento alla condizione femminile all'interno delle diverse classi sociali.

Al racconto in prima persona seguono le note biografiche, sempre caratterizzate da un linguaggio scorrevole, sebbene rigorose nella ricostruzione.

Ogni profilo di donna presenta, poi, una terza parte originale e inattesa: una sorta di volo immaginario dell'autrice, che crea un terzo tempo della narrazione, una storia che nella realtà non è mai accaduta, ma che Elena Girardin fa in modo che accada, con gli artifici propri di chi scrive storie.

"Le ali in tasca" è un libro che propone alla nostra memoria figure femminili diverse per epoca, estrazione sociale e fama, figure che hanno trovato una forma di riscatto attraverso la cultura. "Donne libere che hanno saputo dire un grande 'no'. A un sistema sbagliato, a una mentalità arretrata, all'indifferenza".
Elena Girardin
Editore La Meridiana
Collana "Passaggi di donne"
Anno 2016
Pagine 184

Viaggiare con le Parole -- °°°Giorgio Messori###Nella città del pane e dei postini°°°


segue un breve estratto scelto dal nostro nuovo amico e collaboratore Patrizio Neri

Appena scendiamo dal passo Tòr-Ashuu, sopra i 3500 metri, il sole riappare e la strada dopo un po' si raddrizza, va dritta a infilarsi in una prateria immensa dove non c'è neanche una casa, solo prati e cavalli e qualche iurta. E tutt'intorno la lontananza delle montagne.
E' tutto così bello eppure quasi impossibile da fotografare, osserva Vittore. Perché è impossibile ridurre un paesaggio simile a una inquadratura. Quello che incanta è infatti la circolarità dello spazio, come a volte si può ammirare nelle vallate alpine più ampie. Ma se questa è come un'Engadina, è comunque un'Engadina immersa in una vastità "americana". Perché questi sono spazi difficili da immaginare in Europa.
Visto che però Vittore è arrivato fin qua per fare delle fotografie, perché c'è poi l'idea di una mostra in Italia sull'Asia centrale, allora la soluzione è cercare delle immagini con un primo piano che entri in relazione con questa immensità. E il primo piano ce lo offrono tre iurte piantate in un pianoro dove non c'è nient'altro. Da queste iurte spuntano anche delle figure, delle persone: un uomo a cavallo che si allontana per seguire dei cavalli che pascolano più in là, e qualcun altro che invece rimane ad aggirarsi attorno alle tende.
Fermiamo la macchina e ci dirigiamo circospetti verso quel piccolo abitato. Ci avviciniamo solo per dare un'occhiata e fare qualche foto, ma presto veniamo invitati ad accomodarci dentro una iurta, dove subito stendono una tovaglietta su cui cominciano ad apparecchiarci qualcosa. Così ci troviamo ad essere ospiti senza che neppure ci siamo presentati, senza aver detto o chiesto niente. Chi ci ospita sono un uomo, una donna, una bambina grandicella e un bambino ancora in fasce. Una famiglia tipica insomma. E visto che non ci siamo neppure detti i nomi, e in quell'accoglienza così garbata e silenziosa c'è già qualcosa di sacro, allora potrei dire che a ospitarci sono l'Uomo, la Donna, la Bambina Grande e il Bambino Piccolo. E la Bambina Grande ci porta una scodella di burro tenero , freschissimo, mentre la Donna ci spezza il pane e mette a bollire l'acqua. Quando poi è tutto pronto la Donna ci versa il tè nelle tazze, con la morbida grazia e la dolcezza di una madonna Kirghisa.
La meraviglia è per questi gesti così semplici e solenni. Per non rompere quel silenzio benedetto anche le parole sono poche, misurate. Così a un certo punto l'Uomo ci spiega soltanto che il pane lo hanno appena cotto nella torba, e ci invita ad assaggiarlo e bere il tè insieme a lui.
Poi dalla iurta esce quasi subito la Donna che dopo averci servito torna alle occupazioni di prima. E la Bambina Grande ritorna invece sul prato a badare al Bambino Piccolo che non sa ancora camminare. Lo prende in braccio con delicatezza e serietà, perché lei è la mamma-bambina che deve accudire l'ultimo nato (da queste parti sono sempre i bambini più grandi a sorvegliare i più piccoli). Così con noi rimane solo l'Uomo, che si mette a chiacchierare con il nostro autista Dima sulla strada ancora da fare.
Non appena torno fuori dal grembo della iurta, dopo il tè e il pane caldo col burro fresco, allora anche lo spazio di fuori mi sembra più intimo. Più intime le montagne lontane con sbuffi di nuvole che macchiano l'azzurro, e così pure diventano quasi famigliari questi prati verdi che non finiscono mai, il fiume al di là della strada. Nel senso che non sono più soltanto uno spettacolo da vedere, immagini da ricordare. Sono una beatitudine che consola, un minuto di eternità.
"La porta di servizio del paradiso", commenta Vittore.

Viaggiare con le Parole °°°Edna O'Brien ###Tante piccole sedie rosse°°°


Finalmente torna in libreria la grandissima Edna O'Brien. E ci ritorna con un romanzo che sicuramente sarà annoverato tra i suoi migliori in assoluto. "Tante piccole sedie rosse" racconta ancora della sua Irlanda, tanto affascinante visivamente quanto chiusa e oscura per chi ci vive tutti i giorni. La protagonista è una ragazza qualsiasi, con un marito con parecchi anni più di lei e estremamente annoiata dalla sua quotidianità nell'immaginaria cittadina dove si svolge la storia. La svolta per la protagonista avverrà innamorandosi di un misterioso straniero, un guaritore e sessuologo, come si definisce egli stesso. Apriti cielo! Nella cattolicissima cittadina è come se fosse arrivato il diavolo in persona. In più, lo straniero è in fuga da un passato che non lo vuole abbandonare...
La O'Brien, ottantasette anni, non ha perso un'oncia del suo stile furente e arguto, regalandoci un romanzo spietato, tagliente e a volte tenero.
Umilmente, mi sento di condividere in pieno le parole del grande Philip Roth, che ha definito "Tante piccole sedie rosse" un capolavoro da leggere assolutamente!
fonte>>La Libreria di Via Manin, a Vittorio Veneto.

Viaggiare con le Parole -- BARBARA GIANGRAVÈ<>INERTI


La penna della Giangravè scivola senza sbavature. Puntuale sa unire la fantasia alla realtà. Quella che ci propone è una storia amara, ambientata nell’entroterra palermitano. Acremonte è la Macondo della nostra autrice. Si tratta di un paesino distrutto dai tumori, causati dalla presenza di rifiuti tossici interrati nelle campagne. Protagonista della vicenda, Gioia, una giovane ragazza che dopo esser stata licenziata decide di trasferirsi da Palermo nel borgo che le ha dato i natali.

Ma Acremonte è terra matrigna. Qui Gioia ritrova i suoi parenti e i suoi ricordi peggiori. In questo borgo abita il suo amore adolescenziale ma sono sepolti anche i suoi genitori. Fatto sta che qualcosa spinge la protagonista a ritornare nel proprio paese di origine, un ingarbugliato senso di appartenenza che si mostra pagina dopo pagina. Quando Gioia comincerà a notare che troppi giovani sono morti o affetti da tumore, scatta in lei una molla e inizia a indagare. Mette in dubbio anche il fatto che la morte dei suoi genitori sia stata accidentale, ma come inizia le ricerche si scontra con l’omertà e la paura.
Questa è la prima opera della Giangravè. Un esordio vibrante, da subito interessante. È una giornalista e lo si capisce dalla puntigliosità della scrittura che sa essere sintetica e corrosiva, giungendo subito al dunque. Un cronista che si rispetti infatti è il peggior nemico dello “spreco della parola”. Ma qui c’è anche la delicatezza di chi conosce bene il mondo letterario. In questo caso la parola serve per esprimere vibranti emozioni, poesia e musicalità. La prosa della Giangravè infatti è molto musicale. Si accorda a quel sentimento di riscatto che c’è in ogni giovane del Sud.

fonte -- https://www.ibs.it/inerti-libro-barbara-giangrave/e/9788897044659

Viaggiare con le parole -- "La bionda del Kontiki" di Katia Ceccarelli

Katia è una autrice emergente dalla scrittura pulita dove traspare la sua autenticità ed il forte legame con la sua terra. Nel libro forte è la denuncia nei confronti dei nuovi imprenditori che hanno violentato questo suo territorio e, di conseguenza, hanno sconvolto lo stile di vita dei suoi abitanti. Un territorio abusato dai centri commerciali dove le persone non si rendono conto di quanto i loro nuovi bisogni siano stati condizionati. La protagonista vive in questa realtà, la subisce senza quasi accorgersene, ma una piccola trasgressione la proietterà "fuori". La "bionda" allora riuscirà a scoprire una nuova vita, a conoscere una nuova se stessa e a vivere una libertà intima che prima non aveva mai conosciuto. Gli uomini, al contrario, ad eccezione di uno, rimangono fermi al palo, incapaci di confrontarsi e di rinnovarsi. L'autrice ha trasportato nella scrittura l'altro suo talento, la fotografia, e le parole quasi si colorano di immagini.
Anna



 

Viaggiare con le Immagini -- Forrest Gump di Robert Zemeckis

"Stupido è chi lo stupido fa!" Lascia disarmati la semplicità con cui questo uomo attraversa la sua vita e la storia americana senza esserne travolto. Una semplicità di cui si sente la mancanza nella
vita quotidiana.

Forrest Gump è un essere puro, un anima-bambina che guarda il mondo da un punto di vista tutto speciale, senza lasciarsi inquinare dal giudizio, dai perbenismi, dagli estremismi politici, dalle prepotenze dei bulli di ogni tempo e stagione.
Un film da rivedere con il cuore aperto.
la voce di Antonella
 

Viaggiare con le Immagini-- Woman in Gold di Simon Curtis

A proposito delle parole scritte riguardo il quadro di Klimt, segnalo con piacere il film "Woman in Gold" di Simon Curtis con una splendida Helen Mirren. La contesa è un quadro di Klimt, appartenuto ad una famiglia ebrea, che si vede spodestata dello stesso in nome della follia nazista che infiammò l'Europa e che, dopo decenni, lo stato austriaco vuole appropriarsene come fosse un'opera nazionale, calpestando, ancora una volta i diritti di un popolo che per millenni è stato perseguito.
Riuscirà la proprietaria ereditiera a riappropriarsene?
Buona visione.
la voce di Antonella

Viaggiare con le Immagini -- "Le tre età di Klimt"

Non sono molto brava a stilare classifiche di gradimento e sono ancor più in difficoltà  se  mi chiedono quale sia  il mio libro preferito, il cantante, il film o qualsiasi altra opera d’arte.  E allora come faccio a scegliere cosa segnalarvi tra  i mille capolavori che ho scoperto o rivisto durante  le mie ultime vacanze romane ?
La lista è lunghissima e posso solo decidere da dove iniziare. Ho scorso più  volte le centinaia di foto che ho scattato e alla fine mi sono soffermata su questa meravigliosa immagine.
È  un particolare  de “Le tre età  della donna” di Gustav Klimt, che  abbiamo il piacere di mirare e ammirare all’interno della Galleria Nazionale di Arte  Moderna. È un quadro bellissimo e non temo smentite. Lo stile di Klimt è  riconoscibilissimo e risaltano il contrasto delle tinte scure con i colori tenui,  l’accostamento dei toni cupi con i motivi floreali. Inoltre  il valore estetico si somma al significato simbolico della rappresentazione. Ma ciò  che più amo di quest’opera è  l’infinita dolcezza del volto della madre, il suo amorevole abbraccio e quell’espressione di pace che scorgiamo nei bimbi immersi in un sonno profondo e rassicurante. Ssssssttttttt….. Buonanotte…. Sogni d’oro ….j
la voce di Roberta C.

Viaggiare con le Immagini -- LETTERE DA BERLINO di VINCENT PEREZ

SCRIVERE CARTOLINE E LASCIARLE IN UN LUOGO PUBBLICO. SEMBRA UN GESTO BANALE, SENZA SENSO, MA SE VENGONO SCRITTE DA CHI VUOL DIRE LA VERITA’ TUTTO PRENDE SENSO. LE SCRIVE UN PADRE TEDESCO DOPO AVER PERSO IL SUO UNICO FIGLIO SUL FRONTE. SACRIFICATO NEL NOME DEL REICH. 
“SCRIVERE QUESTE CARTOLINE MI FA SENTIRE LIBERO DAL REGIME” E’ CIO’ CHE QUESTO PADRE DICE ALLA PROPRIA MOGLIE IN UNA DI QUELLE SERE IN CUI, DOPO CENA, HA FINITO DI SCRIVERE UN’ALTRA CARTOLINA. IN UN REGIME IN CUI VOLEVA TUTTI COME NUMERI, LUI HA DECISO DI ESSERE SE STESSO.
recensito da Antonella e Rossella