...una voce...tante emozioni...un viaggio...tante voci...un libro...le voci in viaggio...
Siamo un gruppo di persone che Ama la lettura e ha deciso di mettere in valigia storie, racconti, fiabe, poesie e di partire per un lungo Viaggio, in mezzo alla gente.
Ad ogni tappa del nostro cammino trasmettiamo con la nostra Voce emozioni che partono da Viaggi lontani, a volte persi nel tempo.
Leggendo parole scritte da vite più o meno note, ma che hanno lasciato un segno nella storia del mondo, possiamo leggere la vita di tutti i giorni e cominciare a scrivere quella che verrà.
L’emozione più grande è leggere negli occhi e nel cuore di chi ti ascolta la condivisione di ciò che arriva dalla nostra anima.
Ed è l’inizio di un nuovo Viaggio…


Le Voci Consigliano

mercoledì 26 novembre 2014

Jussif, il narratore di odori a colori


Jussif Muhammad Arrab si svegliò di colpo e si ritrovò seduto sul pavimento fresco della sua nuova casa.
Era fine estate e lui dormiva per terra su di una stuoia, come faceva quando ancora abitava in Marocco, sulla terrazza della casa dei nonni, sotto al cielo asciutto della notte.
Aveva sognato l'asino nano di Ibraim. Ibraim era stato il suo vicino di casa ed il suo asino era stato un buon compagno nei pomeriggi lunghi d'estate. Si lasciava cavalcare, gli veniva addosso e lo spingeva con il muso umido ed a volte sembrava ridere di lui con i denti in mostra tra le grosse labbra. Era un asino molto piccolo e biondo.
Jussif lo salutava quando, all'alba, Ibraim lo portava via con le borse di paglia larghe sui fianchi, per usarlo nel trasporto della menta, ed era felice al suo ritorno. Profumava di menta, di fieno e di caldo umido. Così Jussif si svegliò un po' triste e pensando all'asino si preparò per uscire. Era il suo terzo giorno di scuola e già conosceva la strada da percorrere svelto al mattino. In questa città a quest'ora, la strada odorava di pane, ma solo sull'angolo vicino alla scuola, e per il resto di umido. Diverso dall'odore di frittura e di menta a cui era abituato.
E i compagni odoravano di detersivo e dentifricio, non di olive e montone. La classe odorava di ...niente, e non di stuoie e di legno come quella di prima.
Le cose nuove da imparare, oltre agli odori, dovevano essere una quantità inimmaginabile, questo l'aveva capito subito al suo arrivo Jussif, ma non lo preoccupavano. Lui, pensava, poteva mettere insieme gli odori di lì e di qui e ricordarli tutti, dunque avrebbe potuto mettere insieme suoni, parole e qualsiasi altra cosa.
A scuola arrivarono i compagni e le compagne. Arrivò anche la maestra ed iniziò la lezione. Raccontava di un popolo antico che combatteva con lance e scudi ed aveva occupato anche l'Africa: i Romani.
Jussif vedeva squadroni compatti di uomini armati, con tuniche ed elmi, sulle illustrazioni del suo libro. Camminavano nella spianata al di là delle mura della città... e poi si accorse che dall'altra parte delle mura c'era la sua città, c'erano arabi scalzi e con i turbanti e piccoli cavalli scalpitavano dietro le mura.
Iniziò a disegnare, mentre la maestra raccontava. Alla fine della lezione ebbe un gran successo tra i compagni con il suo disegno. Solo lui aveva mostrato loro cosa c'era dietro il muro della città. Ebbe più successo di quanto avesse con la trottola da lancio e certamente assai più che a parlare con loro e
anche
più di quando giocavano a pallone, cosa in cui se la cavava benino.Ed imparò anche che con il disegno attirava l'attenzione degli altri, meglio che con le parole!.....
Scendevano insieme, Jussif e gli amici, facendo dondolare secchi e pentole, li lasciavano a Kamal, e nell'attesa andavano al mercato ebreo profumato di mandarini a fare un giro. Magari comperavano un cartoccio di ceci arrostiti o un chewing gum, se qualcuno di loro aveva un mezzo dirham. Ciondolavano sul muretto, aspettando, e guardavano le bambine che a quell'ora del pomeriggio passavano con le lunghe assi sulla testa su cui portavano il pane al forno per farlo cuocere. Poi era quasi notte quando risalivano verso le loro case con le pentole ed i secchi aggiustati e lucidati. Così quando tornò a scuola ed ognuno doveva scrivere un tema dal titolo "casa mia", Jussif mise solo una parola "Marocco" e poi iniziò a disegnare ...odori.
Odore di asino di Ibraim, e il suo calore ...e venne fuori dalla sua matita il muso dell'animale, la coda corta, i fianchi larghi. Odore del mercato di spezie e disegnò cesti ripieni di spezie colorate, di ceci arrostiti, nocciole, semi di ogni tipo. Odore di colazione del mattino e disegnò il friggitore di ciambelle con il suo grosso bidone di olio bollente, il gesto veloce con cui faceva filare la pasta morbida delle ciambelle, il bastone con cui le infilava. Odore di quando si esce da scuola e si pestano la menta e le erbe rimaste a terra dopo il mercato, e disegnò gli uomini seduti davanti ai caffè , le donne davanti ai tavolini bassi di casa, con i loro bicchieri di tè fumante e profumato. Ed odore di terra battuta, cioè odore di giochi in piazza, e disegnò la trottola con il lungo filo ed i bimbi più piccoli seduti per terra o saltellanti su un piede.
Odore di mandarino e Jussif disegnò il mercato ed i suoi amici con i secchi e le teiere ed il vecchio Kamal nella sua bottega, come un armadio nero aperto sulla strada. Odore di pelle e di mordente, e disegnò i pozzi colorati dove uomini scalzi, con i pantaloni arrotolati, si immergevano per tingere le pelli e ne uscivano ognuno di un colore diverso: un uomo giallo sino alla vita, uno rosso sulle braccia e le gambe, uno nero.
Jussif non finì il tema quel giorno, e nemmeno il giorno dopo. I suoi compagni e la maestra guardavano i suoi disegni e chiedevano mille cose, guardavano i suoi disegni e gli dicevano le parole italiane per descrivere le cose. Gli raccontavano le loro storie di giochi, di colori, di odori, di vita quotidiana o di fantasia.
Jussif continuò a disegnare per giorni. Alla fine aveva esaurito gli odori, consumati i pastelli, fatti molti amici ed imparato a conoscere la sua nuova terra attraverso i suoi amici.
Jussif da grande girò il mondo e diventò un narratore di storie d'odore a colori.
(arab.it )

martedì 25 novembre 2014

Che paese è quello che...?

 
Che paese  è un paese dove non c’è prevenzione, attenzione, rispetto, memoria? Non c’è silenzio per la riflessione, per la decisione e per trovare il coraggio sulla strada da prendere.

E’ chiaro che è un paese dove non si parla ma ci si urla addosso, un paese dagli out out continui, delle realtà negate, ridimensionate, plasmate a pro degli uni o degli altri, tranne che per gli abitanti comuni. Non li chiamo volutamente cittadini, perché in quanto tali questi, incondizionatamente hanno doveri e diritti. Gli abitanti, diversamente, alcuni si altri no.

Un paese senza regole, non ci sono colpevoli, non ci sono vittime, tutto è uno show. Mi chiedo da tanto tempo chi l’abbia scritto questo copione. Voglio una vita vera, tutto compreso, il bello e il brutto. Ne abbiamo solo una. Dobbiamo dire basta alla fiction che ci viene propinata. Come si chiama un paese dove i suoi tutori istituzionali sono accecati, sordi, tirati di qua e di là, troppo indaffarati per vedere la realtà reale fatta di disperazione, malattia, morte che va in prescrizione?
Oggi venticinque novembre, giornata contro la violenza sulle donne, mi sento ancora più indignata, arrabbiata, posso dire quasi violentata moralmente da tutto quello che è successo negli ultimi tempi e continua a succedere.

Oggi venticinque novembre, come tutti i giorni da qualche anno io ricordo Elena che sapeva che cos’è la vita e gliela hanno rubata.

Un paese senza responsabili, senza colpevoli, senza diritto di esistere.
 
Anna

lunedì 17 novembre 2014

Luci spente


Sono da poco passate le sei di sera ed è già buio pesto.Il taxista fa sosta dal benzinaio. Ripartiamo. Qualche chilometro di strada asfaltata e poi imbocchiamo una laterale invisibile di sassi e sabbia, ma popolata di gente a piedi. La città è appena dietro le nostre spalle, ma sembra un mondo lontanissimo.
La nostra è  l’unica macchina e la luce dei fari è la sola ad illuminare questo quartiere.
Si procede lentamente, la strada è stretta e le ruote scivolano sulla sabbia. Nel momento in cui il taxista è costretto a fermarsi, e mettiamo i nostri piedi a terra,smettiamo di essere solamente spettatori edentriamo anche noi in questo pezzo di città.
Stringiamo i telefoni accesi tra le mani per guardare dove poggiano i nostri piedi, mentre ai bordi  della strada qualche banchetto a lume di candela assicura l’apertura serale. Persone lungo la via, accanto ai “negozi”, nei cortili delle case… la gente chiacchera. Mentre camminiamo una vocina esce da qualche angolo:“Mundele!”.(Bianco nella lingua lingala)
Il buio non nasconde la nostra pelle chiara, e anche se non incrocio lo sguardo della gente sento che ci stanno guardando.
Alberto qualche anno fa ha trascorso qui un mese e,si sa, un bianco che arriva fino a qua non si dimentica. Qualcuno sussurra il suo nome…  Io gli cammino accanto e lo ascolto raccontare di questo centro per bambini e ragazzi. Orfani o abbandonati, alcuni vengono dalla strada, altrisono“bambini stregoni”: rifiutati dalla famiglia perchéaccusati di essere posseduti dal demonio. Qui Alberto è venuto parecchie volte, per un mese si è svegliato con i ragazzi e con loro ha trascorso le giornate, aiuta e sostienein tanti modi la coppia che gestisce il centro. E ci torna prima di partire. Domani prenderà un aereo che lo porterà, dopo quattro anni in terra africana, definitivamente in Italia.  E questa serata è il suo saluto al Congo.
Nel punto in cuiun ruscello di acqua sporca comincia a impossessarsi della strada, e il percorso si fa un po’ più  complicato per i nostri piedi stranieri,ci viene incontro la Maman.Niente tra le mani a rischiarare i suoi passi sicuri. Abbraccia Alberto e mi stringe la mano presentandosi. È lei la donna che insieme al marito, parecchi anni fa, ha aperto questa “casa”.Andava lei stessa a raccogliere i ragazzi per la strada. Ora è il governo a inviare i bambini. In questo momento ne accolgono una quarantina.Ogni tanto qualcuno di lororiesce a far ritorno in famiglia, accolto da un parente.
Finalmente dopo qualche saltello da una sponda all’altra  di questo ruscello, un portone si apre. Un cortile di cemento pieno di ragazzi e ragazze che rimangono fermi a guardarci, mentre un gruppetto di bimbi ci corre incontro. Uno di loro mi abbraccia timidamente, e poi si allontana.
Rimangono in silenzio nel buio di questa serata che a me sembra notte fonda.
Nel cortile interno si affacciano stanze di varia grandezza: il refettorio, il dormitorio delle ragazze e quello dei ragazzi, l’ufficio, le aule.
 Un educatore, persone che ogni tanto vengono a dare una mano, giovani della parrocchia, volonatari: c’è un bel movimento intorno e dentro a questa realtà e io provo a immaginarlo nella calma di questo fine giornata.
Visitiamo il piccolo laboratorio di sartoria, aperto, come la scuola di alfabetizzazione,agli esterni. Attività queste che permettono un minimo di autosotentamento. Perché nonostantei progetti, qualche finanziamento e un turn over di ong, non c’è nessuna garanzia costante. Non sempre si riesce a mangiare tre volte al giorno.
E poi… Poi inaspettatamente, dopo esser usciti dall’ultima stanzetta,il buio si accende e nel fascio di luce della pila della Mamancompare una bimba. Qui è sempre difficile dare un’età: quattro-cinque anni, o forse di più, poco importa. Ha alle spalle l’alto muro di cinta. Per metterci alla sua altezza dobbiamo inginocchiarci. È seduta a terra, ha entrambe le gambe ingessatee indossa una camicetta rosa.Si chiama Gloria. Ha i capelli corti e lunghe ciglia.La accarezziamo e le parliamo, lei sposta il suo sguardo verso di noi e risponde con un sorriso che le illumina il volto. Non esce nessun suono dalla sua bocca, non parla Gloria.Ci guarda e sorride. Sta per portarsi un pezzetto di carta alla bocca quando,alla voce della Maman che le dice “No”,  allontana la mano.Vive qui da un anno. Mangia bene, capisce frasi brevi e semplici.
Sonole risposte alle nostre domande. Vorrei farne tante altre, ma rimangono,insieme a Gloria,sedute nella mia testa. So già che non se ne andranno facilmente.
Poi la pila si spegne e Gloria non c’è più.
Ci muoviamo, qualche passo e siamo di nuovo in mezzo al grande gruppo.
Rimango a chiaccherare con una delle ragazze. Mi racconta delle sue giornate:i turni per preparare da mangiare, l’acqua da prendere dalpozzo dei vicini, le pulizie, i più piccoli di cui occuparsi…
Prima di salutarci la Maman ci presenta uno dei ragazzi più grandi, e lo rimprovera affettuosamente. Va e viene dalla strada.
Siamo ormai al cancello quando Alberto si accorge di una ragazza, pronucia il suo nome mentre la abbraccia. È stata accolta quando anche lui viveva qui.Prima di buttarla fuori casa  le hannobruciato le braccia con i cavi elettrici, probabilmente nel tentavivodi allontanare il diavolo dal suo corpo.
Una ventina di minuti e faccio ritorno al mio condominio illuminato.
Chissà quante luci rimangono spente in questa città, senza alcun faro che si posi ad illuminare le vite sedute nel buio.


                                                                                                                                                                                 Anna

giovedì 13 novembre 2014

Carotina e l'Abete

Carotina era una bambina che aveva i capelli rossi, come una carota.
Viveva con la nonna, in una bella casetta tra i monti, in compagnia di una capretta molto simpatica e di una mucca che faceva del latte buonissimo.
Purtroppo la nonna era molto malata e sembrava che nessuna medicina potesse aiutarla.
Una notte, poco prima di Natale, a Carotina apparve in sogno una fata, tutta vestita di foglie e con lunghi capelli castani:
“Ciao, Carotina, sono la Fata del Bosco. Và nella Foresta Nera e cerca il Fiore di Luce! Quando tua nonna annuserà il suo profumo guarirà!”.
Il giorno seguente era la Vigilia di Natale e la bambina andò nella foresta. Faceva molto freddo e Carotina faticava a camminare perché c’era tanta neve. Venne sera e cominciò a nevicare.
“Povera me!”- cominciò a piangere la piccina – “non ho ancora trovato il Fiore di Luce e la neve ha coperto il sentiero. Ora non riuscirò nemmeno a tornare a casa!”.
Nevicava sempre più forte così Carotina decise di ripararsi sotto l’albero più alto del bosco, un gigantesco abete. Stanca e infreddolita, si rannicchiò ai piedi del tronco e si addormentò.
Allora accadde che l’albero, impietosito, abbassò i suoi rami fino a terra, a mo’ di capanna, per proteggere la bambina dalla tempesta di neve.
La mattina dopo, Carotina si svegliò e i suoi occhi non poterono credere a quello che vedevano. Proprio lì, davanti all’abete, era sbocciato il Fiore di Luce!
“Che bello! Ora la mia nonna guarirà!”, gridò tutta contenta la bambina.
Il sole della mattina aveva sciolto un po’ la neve così Carotina ritrovò il sentiero che aveva perduto. Prima di tornare a casa, la piccina si voltò a salutare l’albero che l’aveva protetta dalla tempesta e dal gelo…
Solo allora, Carotina si accorse che la neve, caduta durante la notte, aveva formato, sui rami del grande abete dei festoni, delle decorazioni e dei cristalli che, alla luce del sole, sembravano tantissime luci sfavillanti, di uno splendore straordinario.
Appena tornata a casa, Carotina fece annusare alla nonna il profumo del Fiore di Luce, e come aveva promesso la fata, la nonna guarì magicamente dalla sua malattia.
Carotina racconto alla nonna la sua avventura del bosco e di come l’abete l’avesse protetta durante la notte. Per festeggiare, decisero di decorare il piccolo abete che avevano nel giardino, e misero il Fiore di Luce sulla sua sommità.
Da allora, ogni Natale, Carotina e la nonna decorano l’albero, in ricordo dell’abete e della magia del fiore di luce.
E chissà, forse sono state proprio loro a cominciare la tradizione dell’albero di natale.
liberamente tratto da www.44gatti.it

 
 

Le Voci in Viaggio Al Pieve Games

Anche quest'anno Le Voci in Viaggio animeranno il pomeriggio dei bambini al Pieve Games.
Domenica 16 novembre dalle ore 14.30 al
PATRONATO CARENI ORATORIO BEATO G. TONIOLO
(accanto al Cinema Careni) 


martedì 11 novembre 2014

Alberto Grollo e le Voci Narranti....


Immagine in linea 1




VENERDI' 7 NOVEMBRE

ALBERTO GROLLO & FIVE STRING QUARTET 

AL MITICO VAPORE DI MESTRE!

PRENOTAZIONI 041-930796

INIZIO ORE 21

Vi aspetto!

Alberto

___________________________________________________________________________

Associazione culturale e ricreativa “Al Pòrtego”

Presentazione del libro di Massimo Ceresa

PUSSY RIOT
le ragazze che hanno osato sfidare Putin

dialoga con l’autore:
Clementina

voci narranti:
Roberta Canal
Giovanna Spagnol
(a.p.s. Voci in Viaggio)

VENERDI' 7 Novembre 2014 Ore 20.45
Presso il Nuovo Oratorio di Lago
(Ex Asilo – vicino al campanile)

Putin era un colonello del KGB come lo erano altri che poi sono diventati oligarchi. Conosce i sistemi, tanto che ha riaperto i manicomi criminali creati da Stalin e che Gorbaciov aveva chiuso. Non è salutare dissentire: se non ti fanno fuori ti prendono per matto. Ecco perché quelle ragazzine, le Pussy Riot, sono da considerare autentiche eroine. Perché hanno tutte le ragioni per protestare contro il nuovo regime che forse è peggiore del vecchio, tradendo ogni spirito popolare (Pino Scaccia).

Ingresso libero ed aperto a tutti

Segue un momento conviviale con rinfresco

Per informazioni: Doris 3939352595 - Clementina 3332092377

______________________________________________________

Visualizzazione di image.png


___________________________________________________________________________________

Cari amici, 

A partire dal 15 novembre inizierà a Pordenone il 


CORSO DI STUDIO PER VOLONTARI:
 LE ABILITA' NEL VOLONTARIATO

Questo corso, organizzato dall'associazione "Vitae" con la collaborazione di "Educare ad Essere", è gratuito ed è rivolto ai soci volontari delle associazioni coinvolte o a chi volesse diventarlo. 

Tutte le informazioni per l'iscrizione sono all'interno del volantino, che potete scaricare cliccando sul pulsante "Scarica il PDF" di questa pagina web: 


Ciao, a presto!






__________________________________________________________________________________


Novembre 2014 - 1
Venerdì 7  ore 20,30
  Vasco Mirandola nello spettacolo di teatro danza Il Suono della Cadutacon Accademia Arte della Diversità  diretta da Antonio Viganò, Teatro Comunale di Gries Bolzano. Info Akademie Kunst der Vielfalt-Teatro la Ribalta Tel +39 0471 324943 E-mailinfo@teatrolaribalta.it



Sabato 8 novembre alle ore 16.00 La musica come non l’avete mai ascoltata ! Continua la programmazione all’On Off che per l’occasione si trasformerà in una accogliente sala di ascolto grazie ad un un'impianto di riproduzione di suoni molto sofisticato dell’ EXTREME AUDIO. Guiderà all’ascolto Marco Lincetto, dell'etichetta indipendente Velut Luna. On Off spazio aperto, Via Baldissera 9bis, Padova. Solo su prenotazione info@onoffspazioaperto.com tel-049 681792  cell. 348 5656018
Sabato 15 alle ore 21 all’On Off incontro con il poeta Trevigiano Fabio Franzin, una delle voci  più interessanti nel panorama Italiano della nuova poesia civile. A presentarlo sarà Francesca Visentin giornalista del Corriere Veneto, musiche dal vivo di Sergio Marchesini, contributo alla lettura di Vasco Mirandola. Solo su prenotazione: info@onoffspazioaperto.com  tel-049 681792  cell. 348 5656018
Venerdì 21 Ci sono notti che non accadono mai omaggio ad Alda Merini, con Vasco Mirandolae la Piccola Bottega Baltazar, all’interno della manifestazione i libri aiutano a leggere il mondo. Biblioteca Provinciale Emilio Lussu, Parco di Monte Claro,Via Monte Claro 9, Cagliari. Orario e luogo sono in via di definizione, aggiornamenti sul sito  http://www.ilibriaiutanoaleggereilmondo.it/