...una voce...tante emozioni...un viaggio...tante voci...un libro...le voci in viaggio...
Siamo un gruppo di persone che Ama la lettura e ha deciso di mettere in valigia storie, racconti, fiabe, poesie e di partire per un lungo Viaggio, in mezzo alla gente.
Ad ogni tappa del nostro cammino trasmettiamo con la nostra Voce emozioni che partono da Viaggi lontani, a volte persi nel tempo.
Leggendo parole scritte da vite più o meno note, ma che hanno lasciato un segno nella storia del mondo, possiamo leggere la vita di tutti i giorni e cominciare a scrivere quella che verrà.
L’emozione più grande è leggere negli occhi e nel cuore di chi ti ascolta la condivisione di ciò che arriva dalla nostra anima.
Ed è l’inizio di un nuovo Viaggio…


Le Voci Consigliano

mercoledì 8 luglio 2015

DENTRO LA SCATOLA di PINO COSTALUNGA


Il Paese di Ghiaccio Ferrato s’ergeva sulla cima di un’altissima montagna. Il vento gelido soffiava da mattina a sera e la neve cadeva anche d’estate.
Sul cucuzzolo del paese c’era la Scuola Elementare “Arturo Freddolini”.
Faceva talmente freddo che i bambini di Ghiaccio Ferrato andavano a scuola vestiti come palombari e chiusi in speciali scatole riscaldate. «Quando siete in classe non dovete mettere neanche la punta del naso fuori dalla scatola, MAI!» si raccomandavano ogni mattina i genitori. E i bambini obbedivano volentieri perché in quelle scatole c’erano la televisione e videogiochi di tutti i tipi, e si trovavano talmente bene che spesso dimenticavano di uscire all’aria aperta anche quando tornavano a casa.
E così Giacomo che era ciccione se ne stava nel suo scatolone, Mina che era piccina stava in una scatolina. Elisabetta nella scatoletta e Gastone in una scatola di cartone. Pietro in una scatola di vetro e Giobatta in una scatola di latta. I gemelli Natale e Pasquale avevano le scatole che erano uguali e Tommaso stava in una scatola a forma di vaso. Insomma, i bambini di Ghiaccio Ferrato, quand’erano a scuola, se ne stavano nelle loro scatole e non ne uscivano mai, neanche per fare ricreazione e neppure per andare al bagno, facevano i loro bisogni in un vasetto che mamma e papà svuotavano e pulivano a casa.
La Maestra Bertilla faceva lezione collegata via cavo, parlando dentro a un microfono e i bambini la vedevano e la sentivano dentro le loro scatole sugli schermi dei televisori e quando si stancavano di ascoltarla spiegare aritmetica o leggere una storia, potevano cambiare canale o giocare con un videogioco senza che lei se ne accorgesse.
La Maestra Bertilla infatti poteva vedere solo le loro facce nel grande schermo sistemato sopra la cattedra. Neppure Pietro che stava in una scatola di vetro poteva essere visto dal di fuori perché i genitori, che avevano paura che entrasse troppa luce, la avevano opacizzata.
La Maestra Bertilla però era un po’ dispiaciuta di fare sempre lezione così, senza mai poter vedere e incontrare davvero i suoi scolari.
«Ma non si potrebbe lasciarli uscire almeno quando fuori c’è il sole?» chiese una volta ai genitori in una riunione di classe.
«No! – risposero quelli risoluti – i bambini devono stare SEMPRE nelle loro scatole».
Un giorno la Maestra Bertilla stava leggendo la fiaba di Cappuccetto Rosso, quand’ecco che proprio all’apparizione del Lupo Cattivo, squilla il telefono sulla cattedra.
«Ma come si permette di spaventare i nostri bambini con storie che parlano di Lupi? Ma lo sa che poi non dormono più tutta la notte?» si mise a urlare dall’altra parte della cornetta la mamma di Elisabetta. Per precauzione, era sempre collegata con il suo computer alla classe e poteva così controllare in ogni momento quello che stava facendo la sua adorata bambina a scuola.
«Signora – rispose Bertilla molto timidamente – ma è una storia che si è sempre raccontata a grandi e piccini; e poi i lupi cattivi che mangiano i bambini esistono solo nelle fiabe»
«Questo lo dice lei – urlò la mamma – lo sanno tutti che qui a Ghiaccio Ferrato si aggirano sempre tipi poco raccomandabili e smaniosi di papparsi i nostri piccini». E chiuse la conversazione, senza aspettare replica.
Replica che in realtà non arrivò mai perché, proprio in quel preciso momento, entrò dalla porta della classe un enorme Lupo Grigio, di quelli che si aggirano affamati nei boschi delle fredde montagne dove c’è sempre un terribile tempo da lupi: aveva unghie lunghissime e i denti erano affilati come coltelli. Si pappò la Maestra Bertilla in un sol boccone senza neppure masticarla, nonostante fosse vecchia e rinsecchita.
Ma nessuno si accorse di nulla: i genitori erano troppo presi a controllare i loro bambini e i bambini, chiusi nelle loro scatole e impegnati nei loro videogiochi, non stavano ascoltando la storia.
Insomma, la sparizione della Maestra non fu notata da nessuno e lei fu presto sostituita da un’altra insegnante che si chiamava Minulfa e che piacque subito sia ai genitori che ai bambini.
«La Maestra Minulfa è molto brava, non pretende che i nostri bambini escano dalle loro scatole» dicevano i genitori soddisfatti.
«E non racconta mai fiabe dove ci sono dei LU……» “LUPI CATTIVI”, stava per dire la mamma di Elisabetta, ma tutti gli altri genitori la zittirono con un bel: «Ssssttttt! Non si deve dire…».
E quella non disse una lettera di più.
Insomma, a Ghiaccio Ferrato i giorni passavano tranquilli, i bambini stavano nelle loro scatole, la Maestra Minulfa insegnava solo il minimo indispensabile e raccontava solo storie di bambini felici e fortunati che non incontravano mai lupi cattivi. E i genitori tranquilli e soddisfatti non sentivano più il bisogno di controllare i loro figlioli adorati mentre se ne stavano a scuola.
Finché un bel giorno la Maestra Minulfa disse:
«Cari bambini, oggi vi racconterò una fiaba davvero speciale, ma voi dovete guardarmi bene negli occhi!»
«Sicuro Signora Maestra» dissero i bambini, avvicinando con lo zoom sullo schermo del loro computer il grande faccione dell’Insegnante.
Fu allora che Mina stupita esclamò: «Ma che occhi grandi hai Maestra!»
«È per vederti meglio, Mina!» disse allora la Maestra Minulfa, strizzando l’enorme occhio dallo schermo.
«Maestra – esclamò allora Gastone, notando che Minulfa aveva delle unghie come artigli che spuntavano dalle dita– ma che lunghe dita hai!»
«È per afferrati meglio» sorrise con uno strano ghigno la Signora Maestra.
«Che bocca spaventosa!» urlò Giacomo.
«Per meglio divorarti!» fece quella, pappandosi in un sol boccone tutti i bambini della Scuola “Arturo Freddolini” di Ghiaccio Ferrato.
Nessuno seppe spiegare come avesse fatto a divorare tutti quei poveretti che se ne stavano ben chiusi e sicuri nelle loro scatole, perché quel giorno nessuno era collegato al computer e nessuno aveva visto e sentito nulla.
Tutti però capirono subito che Minulfa non era una vera maestra, ma era il Lupo Cattivo travestito da maestra.
Ma non era il Lupo Grigio e neppure un Lupo Cattivo qualsiasi, era il Lupo Virtualis. Si aggirava da un bel po’ nei computer della Scuola di Ghiaccio Ferrato e il Lupo Virtualis è un lupo molto più pericoloso di quelli veri o di quelli che si aggirano nelle vecchie fiabe, perché sa benissimo come travestirsi e soprattutto sa come avvicinare i bambini e sfuggire al controllo dei loro genitori.
Ma questo i genitori non lo sanno.
(Pino Costalunga)

1 commento:

  1. Che dire? Le scatole sono piene o Ne abbiamo piene le scatole o Rompete (pure) le scatole...qualche altro suggerimento?

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