...una voce...tante emozioni...un viaggio...tante voci...un libro...le voci in viaggio...
Siamo un gruppo di persone che Ama la lettura e ha deciso di mettere in valigia storie, racconti, fiabe, poesie e di partire per un lungo Viaggio, in mezzo alla gente.
Ad ogni tappa del nostro cammino trasmettiamo con la nostra Voce emozioni che partono da Viaggi lontani, a volte persi nel tempo.
Leggendo parole scritte da vite più o meno note, ma che hanno lasciato un segno nella storia del mondo, possiamo leggere la vita di tutti i giorni e cominciare a scrivere quella che verrà.
L’emozione più grande è leggere negli occhi e nel cuore di chi ti ascolta la condivisione di ciò che arriva dalla nostra anima.
Ed è l’inizio di un nuovo Viaggio…


Le Voci Consigliano

mercoledì 4 novembre 2015

Altri inizi.




ALTRI INIZI

È arrivato a passi lenti.
Accolto dalle voci di bimbi e ragazzi riuniti attorno al fuoco, al ritmo delle mani che battono su vecchie taniche usate come tamburi. 
Sotto un cielo stellato, che in queste terre si mostra in tutta la sua potenza,il suo predecessore gli ha dato il benvenuto e, intrecciando passi di danza nei cortili delle case, gli ha passato il testimone.
Nell’aria il profumo di un  pane grande e molto lievitato che le donne preparano per quest’occasione.
La tradizione vuole che la mattina seguente siano i canti e i disegni delle bimbe ad accompagnarlo per le stradine di Goba, casa per casa.
Lui è l’Anno Nuovo, il 2008, secondo il calendario giuliano.
È iniziato il primo settembre del calendario etiope, mentre in quasi tutto il resto del mondo era il 13 settembre, un “normale” sabato di settembre.
Si sa in ogni angolo della terra ogni inizio libera speranza: ci si augura che i giorni  futuri siano migliori di quelli passati.  Non ha importanza se le poche piogge dei mesi scorsi hanno già messo in allarme governo e organizzazioni, che prevedono per il prossimo anno un’emergenza nutrizionale. Significa che non ci sarà abbastanza cibo per tutti.

Ed ecco come lo abbiamo accolto noi questo anno.
Noi: stranieri in questa terra, abituati ad altri tempi, ma curiosi di conoscere il Nuovo di  questa gente.
La vigilia, a cavallo di una delle poche biciclette di Goba, dentro una busta gialla indirizzata a Mr. Stefano e Hanna, è arrivata la lettera del nostro insegnante di amarico che rinnovava l’ invito al pranzo di Capodanno, annunciato già due mesi prima.
Sempre lo stesso giorno (la vigilia) tre squilli di telefono, di tre diverse famiglie, chiedevano di condividere con loro il tanto atteso pranzo di inizio anno.
Tre sono state le case che siamo riusciti araggiungere.
La moglie del nostro insegnante di amarico ha portato in tavola (tavolino, quello del salotto!)grandi quantità di carne cotta in modi differenti, e ha riservato a noi ospiti i pezzi migliori, riempiendo più volte, soddisfatta, i nostri piatti foderati di injera. Il pollo (accompagnato da una salsa ben piccante) e la pecora, allevati in casa per parecchio tempo, vengono cucinati per il pranzo del primo dell’anno.
Insieme a noi: due dei loro quattro figli, il più piccolo, il medio, di ritorno a Goba per le vacanze di fine anno dalla lontana cittadina dove frequenta l’università, e… la televisione che trasmetteva le immagini dei festeggiamenti della sera precedente nelle diverse zone del paese.
Qui si mangia rigorosamente con le mani e quando io ho tentato di prendere un fazzoletto di carta intenzionata ad afferrare il bicchiere, mi sono vista strappare il tovagliolo di mano, non una ma ben due volte,  da Assefa, il padrone di casa. Sbalordita non capivo cosa stesse accadendo. Ho compreso solo poi… Lui pensava che io, ancora con il piatto pieno, avessi terminato di mangiare, e la cosa sarebbe stata inaccettabile.  Qui infatti ci si pulisce, o ci si lava le mani, solo nel momento in cui il piatto è vuoto.
Il pranzo si è concluso con il caffè e, per Assefa, anche con un po’ di chat masticato in allegria.
E così dalla casa del nostro insegnate di amarico siamo tornati con un souvenir… due canne da zucchero, lunghe ciascuna due metri, che la moglie ha sradicato dal loro canneto. 
Abbiamo camminato fino a casa portandole in spalla, e ci siamo preparati per la seconda tappa.
A casa di Afework, dove già avevamo festeggiato la Pasqua, ci attendeva la famiglia riunita e la nostra bevanda preferita… l’Ambo: acqua frizzante, molto frizzante, prodotta qui in Etiopia. Comprata e messa in frigo in vista del nostro arrivo. Accortezze che lasciano piacevolmente sorpresi, in un luogo in cui, per l’atmosfera e l’accoglienza attenta e rispettosa delle persone che vi abitano, ci si sente, inaspettatamente, un po’ a casa.
Sono stati clementi,  e ci hanno offerto un piatto in due… a colorare l’injera, stesa sul piatto, l’uovo condito con la salsa rossa, preparata con pomodoro, burro e spezie. Poi il pane e i biscotti fatti in casa, il caffè, i pop corn…  Sotto lo sguardo vigile e saggio della capo-famiglia che, seduta davanti al tavolino per la cerimonia del caffè, si gode la sua famiglia: la sorella e la nipote arrivate dalle capitale, e i figli che hanno lasciato Goba, per le città, ma che tornano per la festa.
Me ne sono andata con un sacchetto di farina scura, ricevuto, dopo aver apprezzato la qualità del pane cucinato dalla padrona di casa.
La terza casa è stata quella di Ato, uno dei funzionari della zona che collaborano al progetto di Stefano. Noi con il capo famiglia abbiamo cenato seduti sul divano di casa, la moglie nella stessa stanza, seduta su uno sgabellino accanto al tavolino dove si prepara il caffè, e il figlio più piccolo che correva avanti e indietro fermandosi ogni tanto a fissare divertito gli “strani” ospiti appollaiati sul suo divano.
In tavola un grande piatto da portata suddiviso in tanti scomparti, in ognuno una pietanza: c’era il riso con due diversi condimenti, le verdure cotte, diversi tipi di carne… e oltre al grande piatto variopinto altre pentole, insalata e pomodoro del loro orto, un vassoio di frutta (con mele del loro frutteto!).
Terminiamo la serata sfogliando insieme a loro l’album di una vita: la gioventù, il matrimonio, i figli… Un po’ come sbirciare nelle loro storie.
È buio quando usciamo e, camminando con noi, Ato ci ha accompagnato fino al cancello di casa. Una torcia a illuminare i nostri passi.
Inizi che appartengono a un mondo che non è il nostro, ma “c’è da scambiarsi il coriandolo di usi e di costumi”. Ci sono stanze da abitare, tavoli a cui pranzare, pietanze da condividere, che non ci appartengono ma che ogni tanto nella vita vanno visitate, vanno avvicinati, vanno assaggiate. Non occorre andare lontano.

                                                                                                                                                                                 Anna

Anna Zoppas da Goba, Etiopia.

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