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Siamo un gruppo di persone che Ama la lettura e ha deciso di mettere in valigia storie, racconti, fiabe, poesie e di partire per un lungo Viaggio, in mezzo alla gente.
Ad ogni tappa del nostro cammino trasmettiamo con la nostra Voce emozioni che partono da Viaggi lontani, a volte persi nel tempo.
Leggendo parole scritte da vite più o meno note, ma che hanno lasciato un segno nella storia del mondo, possiamo leggere la vita di tutti i giorni e cominciare a scrivere quella che verrà.
L’emozione più grande è leggere negli occhi e nel cuore di chi ti ascolta la condivisione di ciò che arriva dalla nostra anima.
Ed è l’inizio di un nuovo Viaggio…


Le Voci Consigliano

lunedì 24 aprile 2017

Viaggiare tra le parole: Norwegian wood: il metodo scandinavo per tagliare, accatastare e scaldarsi con la legna


il raccontino del lunedì offerto dall'amico Patrizio Neri

Riesco ancora a rievocare tutte le sensazioni del giorno in cui mi resi conto che un fuoco a legna è ben più di una fonte di calore. Non era una gelida giornata d'inverno, anzi, era fine Aprile. Avevo già montato da un pezzo i pneumatici estivi sulla Volvo e ripulito gli sci dalla sciolina di Pasqua. Eravamo venuti ad abitare ad Elverum appena prima di Natale, e per sopravvivere alla seconda metà di un inverno non troppo rigido ci bastarono il riscaldatore per il blocco motore dell'auto e un paio di stufe a ventola. I nostri vicini erano una coppia di pensionati, brava gente, dell'allegra e laboriosa generazione del dopoguerra. Il marito, Ottar, rimase chiuso in casa fino al disgelo per via di una malattia ai polmoni.
In quel giorno di primavera, mentre spirava una leggera brezza, l'inverno che ci eravamo lasciati alle spalle era l'ultimo dei miei pensieri.
Fu allora che arrivò un trattore con un rimorchio, che si fermò ed entrò in retromarcia nel vialetto dei vicini. Il motore aumentò i giri, il rimorchio s'inclinò e rovesciò nel cortile un enorme carico di legno di betulla.
Sulla lastra di pietra davanti all'ingresso apparve Ottar, ansante e affaticato. Da novembre, la sua passeggiata più lunga terminava alla cassetta della posta accanto al cancello. Rimase lì a guardare il mucchio di legna, poi richiuse la porta, si tolse le ciabatte, si mise un paio di scarpe, scese dalla lastra di pietra, aggirò le pozzanghere e si chinò a raccogliere un paio di ciocchi, li soppesò e scambiò qualche parola con il contadino, che nel frattempo aveva spento il motore. "Legna? In questa stagione?", pensai. "Adesso che ci si può godere una birra in veranda?". E invece era proprio la stagione giusta, come in seguito mi spiegò Ottar: la legna si acquista in aprile-maggio, perché non è ancora stagionata, così la si può essicare a piacimento, il prezzo è più basso e la disponibilità sul mercato è maggiore.
Quel giorno continuai a osservarlo dalla finestra della cucina. Il trattore ripartì e lui cominciò ad accatastare la legna. All'inizio, a ogni ciocco che spostava gli veniva il fiatone. Aveva un respiro leggermente fischiante. Andai a chiedergli se gli servisse aiuto, mi ringraziò ma mi rispose che non occorreva. "Questa è un'annata buona, senti un pò questo ciocco. O quest'altro. Guarda che bello, e quant'è bianca la corteccia. E che taglio netto. Hanno usato una motosega ben affilata, lo si vede dalla scheggia quadrata. Io non sego più, sono troppo vecchio. E il taglio dei ciocchi è perfettamente dritto, anche. Non capita spesso, ora che tutti usano lo spaccalegna elettrico. Be', adesso riprendo il lavoro."
E proseguì, a schiena piegata. Io rientrai in casa. Poco dopo, feci un giro in paese e notai che l'acquisto di legna in primavera era ordinaria amministrazione: quasi tutti i cortili, soprattutto quelli delle case più vecchie, erano occupati da montagne di legna. Come quando si fa scorta di munizioni in vista della caccia all'alce. Passò una settimana, ma il carico di legna di Ottar non diminuiva. Solo la settimana seguente vidi che la cima era leggermente più lineare. E che lui era più...scattante? Cominciai a parlare con lui. Non gli occorrevano grandi discorsi per spiegarmi cosa stava facendo. Dopo un intero inverno passato a maledire la vecchiaia e la malattia che gli prosciugava le forze, quelle stesse forze che per tutta la vita l'avevano reso efficiente nel lavoro, ecco un'attività che lo riportava alle condizioni di un tempo. Aveva l'impressione di fare qualcosa di significativo, e il senso di sicurezza di chi provvede per tempo e non si lascia cogliere impreparato.
Ottar impiegò un mese ad accatastare tutto, concedendosi solo brevi pause. Quando rimasero solo schegge e cortecce, le raccolse tutte, per usarle come esca per il fuoco. Non ho mai assistito a una trasformazione del genere. Certo la vecchiaia e la malattia c'erano sempre, ma lui le teneva in scacco con un vigore tutto nuovo. Cominciò a fare brevi passeggiate, assunse una postura più eretta, e un giorno accese un trattore rasaerba giallo, appena comprato, e tagliò il prato. Mi rifiuto di credere che a tonificarlo fossero soltanto l'esercizio fisico e l'arrivo della stagione calda. Era la legna. L'aveva sempre tagliata da sé. Ora aveva riposto definitivamente la motosega, eppure amava ancora soppesare ogni ciocco e godersi quel profumo, adorava la sicurezza delle cataste e le ore che avrebbe passato davanti alla stufa non appena fosse tornato il freddo.
Ecco come è nato questo libro, che mi ha riportato dentro a una Volvo 240 a trazione posteriore, in una delle regioni più fredde della Norvegia, a far visita a chi spacca la legna e la brucia. Ho sostato ai crocevia ad ascoltare il ronzio delle motoseghe e soprattutto il quieto mormorio della sega ad arco di qualche pensionato. Dopodiché mi sono avvicinato con discrezione, provando a parlare di legna. Perciò questo libro è dedicato a te, Ottar. Tu ricordavi qualcosa che noi continuiamo a dimenticare: che l'inverno arriva ogni anno.
Il testo è tratto da "Norwegian wood: il metodo scandinavo per tagliare, accatastare e scaldarsi con la legna" di Lars Mytting ediz. UTET.

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