...una voce...tante emozioni...un viaggio...tante voci...un libro...le voci in viaggio...
Siamo un gruppo di persone che Ama la lettura e ha deciso di mettere in valigia storie, racconti, fiabe, poesie e di partire per un lungo Viaggio, in mezzo alla gente.
Ad ogni tappa del nostro cammino trasmettiamo con la nostra Voce emozioni che partono da Viaggi lontani, a volte persi nel tempo.
Leggendo parole scritte da vite più o meno note, ma che hanno lasciato un segno nella storia del mondo, possiamo leggere la vita di tutti i giorni e cominciare a scrivere quella che verrà.
L’emozione più grande è leggere negli occhi e nel cuore di chi ti ascolta la condivisione di ciò che arriva dalla nostra anima.
Ed è l’inizio di un nuovo Viaggio…
Siamo un gruppo di persone che Ama la lettura e ha deciso di mettere in valigia storie, racconti, fiabe, poesie e di partire per un lungo Viaggio, in mezzo alla gente.
Ad ogni tappa del nostro cammino trasmettiamo con la nostra Voce emozioni che partono da Viaggi lontani, a volte persi nel tempo.
Leggendo parole scritte da vite più o meno note, ma che hanno lasciato un segno nella storia del mondo, possiamo leggere la vita di tutti i giorni e cominciare a scrivere quella che verrà.
L’emozione più grande è leggere negli occhi e nel cuore di chi ti ascolta la condivisione di ciò che arriva dalla nostra anima.
Ed è l’inizio di un nuovo Viaggio…
Le Voci Consigliano
giovedì 16 aprile 2015
Camminando verso Conegliano con Andrea Libero.
Andrea Libero e i suoi camminatori inizieranno un nuovo viaggio domani, venerdì 17 aprile. Partiranno da Moriago per arrivare nella zona di Conegliano domenica 19 aprile. A piedi. Con calma. Respiro e passo lento. Avremo modo di incontrarci per raccontarci e raccontare i nostri passi, i paesaggi e i passaggi da paese contadino lavoratore a tempo pieno in fabbrica e che fabbrica Prosecco. Respirando.Camminando.
Con calma.
Venerdì arriveranno nel borgo di Cison e dormiranno dove la valle comincia a farsi più stretta, verso il bosco delle penne mozze, ricordo triste e vigoroso di un paese che ha lottato per camminare liberi.
Nella giornata di sabato cammineranno verso Vittorio Veneto.
Domenica verso Conegliano.
Alcune delle Voci InViaggio saranno con loro per condividere vecchie leggende e nuovi miti metropol-prosecchiani e si mescoleranno ai loro racconti al ritmo lento del passo e di un nuovo respiro.
Buon Viaggio!
mercoledì 15 aprile 2015
Anna ancora in viaggio
2 aprile ’15
Attraversiamo Addis Abeba nel traffico mattutino della sette e trenta,
lo smog è una coltre grigia,bucata dai raggi del sole, che si stende sul via-vai
di veicoli e persone.
Il procedere lento permette di scattare alcune istantanee.
Dal finestrino del pick up si rincorrono i colori delle diverse divise
scolastiche: il rosso del maglioncino sul blu dei pantaloni, il giallo della
camicia che spunta dal completo marrone di piccoletti che vanno all’asilo, e
poi il verde, il bordeaux …
Il sali e scendi della strada mi ricorda che questa capitale africana,
con i suoi 2100 metri sul livello del mare, è città di montagna.
Sono stesi a terra completamente avvolti in stracci e vecchie coperte...
Sono uomini, ai bordi della strada, ma è difficile intuire da che parte si
trovi la testa e dove i piedi.
Non sfreccia il lusso dei macchinoni né arranca la miseria di veicoli
che perdono i pezzi...scorgo una sorta di omogeneità nei trasporti che
riempiono le carreggiate.
Ce ne sono alcuni di gialli, ma i taxi che vanno per la maggiore sono
le Fiat 128 e le “Lada” bianco-blu, macchine dell’Europa dell’ est che però,
non so perché,mi portano un po’ di America
latina.
I pali di legno sistemati come impalcature sembrano dei “ricami” a
incorniciare il cemento dei tantissimi palazzoni in costruzione.
La raffinatezza di un velo di cotone bianco copre il capo e le spalle
di molte donne, che qui sono vestite a strati. La finezza sta in una “greca”
colorata adagiata sul bordo corto, appena prima delle frange.
Una ragazza con il bimbo sulle spalle ed entrambe le mani occupate, da
una parte un sacchetto dall’altra un vassoio, porta con sé una scatola di
cartone calciandola con i piedi. Spero non sia lontana la sua meta...
Qualche parola o nome italiano compare sui tabelloni o sulle insegne
dei locali: tracce di storia che vivono anche nel quotidiano discorrere di questa
gente.
Uscendo da Addis, sono tante le fabbriche, e tanti i camion che
riempiono le corsie: Iveco, Volvo, Tata…
E poi, appena dopo i lavori in corso per la realizzazione di una
rotonda, il mio sguardo si imbatte un grande cartellone verde con la doppia
scritta amarico - inglese e il mio stupore accompagna l’ingresso in… autostrada!!
Il paesaggio è una distesa gialla, in cui sparse un po’ ovunque ci sono le chiome ad
“ombrello” delle acacie africane e poi… mucche, asini, capre e pecore a pascolo
con pastori di ogni età: donne, uomini e bambini. Un bastone sulle spalle a sostenere
il peso delle braccia e qualche gruppetto di capanne nell’infinito della natura.
Spicca il giallo delle taniche caricate sul dorso degli asini e il profilo
delle donne che gli camminano accanto.
E sotto l’azzurro del cielo, alle spalle del giallo e del verde
luminoso delle piantagione di canna da zucchero, si innalza qua e là il marrone
della terra delle alture .
Dopo l’autostrada, sosta in uno dei locali che si affacciano sulla
strada. Beviamo un vero succo. Tre gusti e tre strati di colori, due tonalità
di arancione e il verde, in un grande bicchiere: papaya, mango e avocado. Mentrea
ccanto alla tazzina del caffè, che abbiamo ordinato, posano un contenitore in
cui alcuni pezzi di carbone bruciano incenso. Ecco l’epilogo del tradizionale rito
del caffè, che dopo la preparazione va servito e accompagnato insieme all’aroma
dell’incenso.
Poi la strada corre in mezzo a valli: si estende fin sulla cima delle
colline lo spettacolo dei tanti quadrati di terra sdraiati uno accanto all’altro,
ognuno di una tonalità diversa, dal giallo al marrone. Qualche gruppetto di alti
alberi: una pennellata di verde a completare il quadro.
Non c’è il ritmo delle automobili a dominare la strada, ma quello
degli uomini, degli animali, e dei carretti trainati dai cavalli che
trasportano cose e persone, come servizio taxi. Deve inchiodare spesso il
nostro autista, perché un cavallo bianco dall’aria triste ha deciso di
prendersi una pausa lungo la carreggiata, perché una capra scappa dalla sua
comitiva, o chi accompagna le mucche al pascolo, quando meno te lo aspetti,
decide di attraversare la strada, o semplicemente perché gruppetti di persone camminano
in strada.
Avvicinandosi alle piccole cittadine, dove si alza qualche struttura
di cemento (uffici, negozietti…), si incontrano i bajaj, macchinette bianche e
blu a tre ruote (sono simili all’ Ape, arrivano dall’ India e vengono utilizzate
come taxi)e poi piccoli furgoni, fuoristrada, camion e qualche autobus che
percorre lunghe distanze.
Ci fermiamo per la seconda sosta in un paesino in cui probabilmente i
bianchi si vedono di rado. Mentre ci
avviciniamo ad una specie di veranda,dove l’autista entra a prendere un caffè,
arrivano un gruppetto di bambini, stanno fermi ad osservarci e cercano di
attirare la nostra attenzione; un vecchio, con la barba rossa, ci saluta
porgendoci la mano e ci dice in amarico che suo figlio vive in America...
La signora seduta su uno sgabellino versa il caffè bollente da un
grande termos in tazzine, senza manico, che assomigliano al “servizio della
nonna”. Intanto dentro a un pentolino, appoggiato sul carbone, i chicchi verdi di
caffè si stanno tostando. Insieme alla carbonella non può mancare un po’di
incenso.
La strada poi sale, e salendo cambiano i colori: aumenta il verde,
cespugli e varietà di alberi e la terra ai loro piedi si scopre rossa.
Sono sempre i toni accesi dei veli delle donne a comparire per primi
all’orizzonte, alcuni le avvolgono dalla testa fino alle ginocchia. Altri,
visti da dietro, somigliano a mantelli
che si agitano nel vento, insieme alle gonne lunghe che le coprono fino ai
piedi. Parecchie lasciano scoperto solamente lo sguardo.
Le donne, che si muovono a piedi o sui carretti, hanno un pezzo di
tessuto legato a mo’ di sacca sulla schiena. Lì si caricano tutto quello che
devono trasportare, anche i bambini, completamente avvolti (non spunta nemmeno
la testa!) in una stoffa che, diversamente da altri paesi africani, passa sopra
le spalle della mamma e poi viene annodata sopra il seno.
Anche tanti uomini, a cavallo o
a piedi, hanno il capo coperto da un foulard, probabilmente per proteggersi dal
sole e dal vento, che oggi soffia forte.
Ci sono sempre mucche o pecore a fare compagnia alle case e alle
capanne, recintate da pali di legno o da lunghe, lunghe file di piante
grasse,che somigliano un po’ ai cactus. Il loro verde si accende grazie al
giallo dei grandissimi covoni di paglia seduti accanto alle abitazioni.
Ci alziamo ancora di quota: tutt’intorno alte montagne, sassi e terra
più scura. Aumenta la distanza tra i piccoli villaggi: gruppetti di sei-sette
case fatte di pali di legno e terra battuta o di paglia, qualcuna si fa notare per
la porta turchese, o viola. Al centro, accanto alla moschea, si alza il
minareto colorato.
Qualche abitazione isolata sui pendii, appare minuscola tra tutte
queste cime. Poche le persone ai bordi della strada. Incontriamo: un gruppetto di bambini, in divisa scolastica
(così nel nulla è difficile immaginare in quale posto sia spersa la scuola e in
quale direzione lontana spunterà la loro casa…), altri tre bambini in attesa
che qualcuno acquisti la gallina che uno di loro tiene sotto braccio, qualcuno
a cavallo e poi sorpresa… ci attraversa la strada una famiglia di babbuini.
Abbiamo raggiunto un altipiano: facoceri grandi e i cuccioli, nyala, e ancora
babbuini…
E poi dopo una decina di chilometri dalla cittadina di Robe, giungiamo
a Goba, cittadina di “campagna” della zona del Bale, a 2800 metri di altitudine.
Anna
mercoledì 8 aprile 2015
Il Bosco Incantato sulle Vie dell'Acqua
SABATO 25 APRILE
"IL BOSCO INCANTATO SULLE VIE
DELL’ACQUA"
Nella zona Pra’ de Ronc – l' Ass. Voci in Viaggio, in collaborazione con il Centro Diurno del Piccolo Rifugio di Vittorio V.to, presentano:
“Chi crea un titolo trova un tesoro!”.
Concorso con premio per il miglior titolo
inventato!
Proporremo la storia inventata durante il
laboratorio "L'inventastorie"
svoltosi a Vittorio Veneto
lo
scorso febbraio 2015
presso la casa famiglia "Piccolo
Rifugio"
Laboratorio sovvenzionato grazie al bando del
Csv di Treviso e parte integrante del progetto "Lucia Schiavinato University",
un progetto che toglie le barriere architettoniche anche a livello
culturale.
Vi aspettiamo!
mercoledì 18 marzo 2015
Ci sono giorni...
Ci sono giorni in cui ti senti morire
nonostante
la natura che rinasce.
nonostante
la natura che rinasce.
E' la luce di marzo
il mese delle idi
che taglia il coraggio alla radice
mentre spuntano le prime gemme
il mese delle idi
che taglia il coraggio alla radice
mentre spuntano le prime gemme
Finalmente è limpida
questa inquietudine
e come il paradosso della vita
ne traggo nutrimento e disperazione
questa inquietudine
e come il paradosso della vita
ne traggo nutrimento e disperazione
Andrea Libero
martedì 10 marzo 2015
C'è qualcosa di banale in ciò che ci circonda?
La banalità del male: il riassunto del libro di Hannah Arendt
è un libro della filosofa tedesca naturalizzata statunitense Hannah Arendt (1906-1975), un libro scomodo che pone domande che non avremmo mai voluto porci e che dà risposte che non hanno la rassicurante certezza dei ragionamenti manichei. Un libro che per questo provocò, al suo comparire, nel 1963, accese discussioni e pesanti critiche all'autrice.
Si tratta del resoconto dedicato al giudizio di uno dei principali esecutori materiali dell'Olocausto, scritto da Hannah Arendt tra il 1960 e il 1964, costituito dall'unione di cinque articoli pubblicati sul New Yorker solo nel febbraio-marzo 1963, e che successivamente è stato pubblicato sotto forma di libro che troviamo in libreria con il titolo de La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme.
Un libro, quella della Arendt, che ha provocato un terremoto nell'America dell'epoca e non solo. Un testo contestato fin da subito, destinato a far discutere e ormai diventato un classico inserito nei programmi di gran parte dei corsi universitari di filosofia teoria politica. Ma non c'è troppo da stupirsi sui tempi: la Arendt non era una giornalista, ma una fine analista, la sua non è una cronaca dei fatti, ma una salda cogitazione che parte dal processo per giungere alla conclusione dell'assoluta normalità dell'accusato e proprio per questo della pericolosa potenza di disumanizzazione di un discorso, quello totalitario già più volte da lei stessa sviscerato, capace di applicare un'assoluta riduzione dell'umano ad ingranaggio.
Eichmann, burocrate per eccellenza, non mostra alcun rimorso e incarna nella fredda e meticolosa ripetizione dei dati un attaccamento irragionevole non alla sua opera, ma a quella religiosamente promulgata dal regime. E lì che risiede la spersonalizzazione, il dualismo che lo caratterizza, segnata dalla relativa interruzione di ogni dialettica interiore, l'intelligenza umana si fa mera deriva strumentale, ed apre la strada ad un abisso nel quale anche le vittime partecipano di un doloroso assopimento.
Una conseguenza estratta con rigore filosofico che valse alla Arendt ogni sorta di ostilità da parte delle comunità ebree ben radicate nel tessuto newyorkese, ma anche dell'opinione pubblica, che si limitò in molti casi a rigettare la sua tesi abominevole come l'impossibile difesa di un mostro e a preferire quella più rassicurante di male radicale, promulgata da molta parte della letteratura sull'olocausto e anche dall'amico Hans Jonas, senza rendersi conto, oppure sapendolo e volendone evitare a tutti i costi le conseguenze, che la banalità indicata da Hannah è di natura ancora più insidiosa e assoluta, proprio in quanto accanito perturbatore della stessa nozione d'umanità, ma presente in essa come possibilità e non estraneo, ragione per la quale Eichmann avrebbe dovuto esser condannato per aver attentato alla base stessa dell'umano.
http://www.booksblog.it/post/122228/la-banalita-del-male-riassunto-hannah-arendt
lunedì 2 marzo 2015
DALLA SCHIAVONIA VENETA ALL’ “ONGHERIA” GUZIRANJE
|
|
|

mercoledì 25 febbraio 2015
Ordinariamente tutto lo straordinario in un giorno qualsiasi
La signora Dalloway disse che i fiori li avrebbe comperati lei.
Quanto a Lucy aveva già il suo daffare. Si dovevano togliere le porte dai cardini; gli uomini di Rumpelmayer sarebbero arrivati tra poco. E poi, pensò Clarissa Dalloway, che mattina - fresca come se fosse stata appena creata per dei bambini su una spiaggia.
Che gioia! Che terrore! Sempre aveva avuto questa impressione, quando con un leggero cigolio dei cardini, lo stesso che sentì proprio ora, a Bourton spalancava le persiane e si tuffava nell'aria aperta.
[Virginia Woolf, La signora Dalloway, traduzione di Nadia Fusini, Feltrinelli, 2014]
Invito alla lettura....
Buon Viaggio!
Iscriviti a:
Post (Atom)