...una voce...tante emozioni...un viaggio...tante voci...un libro...le voci in viaggio...
Siamo un gruppo di persone che Ama la lettura e ha deciso di mettere in valigia storie, racconti, fiabe, poesie e di partire per un lungo Viaggio, in mezzo alla gente.
Ad ogni tappa del nostro cammino trasmettiamo con la nostra Voce emozioni che partono da Viaggi lontani, a volte persi nel tempo.
Leggendo parole scritte da vite più o meno note, ma che hanno lasciato un segno nella storia del mondo, possiamo leggere la vita di tutti i giorni e cominciare a scrivere quella che verrà.
L’emozione più grande è leggere negli occhi e nel cuore di chi ti ascolta la condivisione di ciò che arriva dalla nostra anima.
Ed è l’inizio di un nuovo Viaggio…


Le Voci Consigliano

lunedì 20 marzo 2017

"Eravamo dei grandissimi" di Clemens Meyer ediz. Keller

Il raccontino del lunedì di Patrizio Neri

La scuola bruciava. Eravamo distesi a terra sulle scale e nei corridoi, non potevamo più uscire. Di sotto esplodevano bombe a mano. Mark arrivò barcollando su per le scale con un cartello appeso al collo: Sopra c'era stampato a grandi lettere nere: "Ferita da granata". Cadde a terra qualche gradino sotto. 
"Cazzo, mi hanno beccato" sussurrò.
"Dove di preciso?" sporsi la testa dalla ringhiera.
Indicò il cartello. In basso, tra parentesi, c'era scritto in piccolo: "Addome".
"Una scheggia di granata in pancia è come una pallottola" commentai, "ci lasci la pelle. Sei morto".
"Ma va', vedrai che adesso vengono a prendermi".
"E' inutile, hai un'emorragia interna".
"Ma sta' zitto, Dani!" Si voltò con la faccia verso il muro. Restò lì fermo e buono, lo sentivo respirare. "Se avevi una pistola" dissi, "ora dovevi ucciderti da solo. Lo facevi?" Mark non rispose, di sicuro era occupato a soffrire. Pensavo al tipo in quel western che si spara in testa perché sa che tanto non ha scampo. Meno male che io non ero ferito alla pancia. Sollevai la testa e tossii forte, dopotutto avevo ustioni gravi e un'intossicazione da fumo, anche se questa non era specificata sul cartello. Tossii ancora più forte perché mi sentissero e venissero a prendermi. Katja si era stesa accanto alla porta, sopra una coperta. E quando avevo fatto per sdraiarmi di fianco a lei quegli scemi degli infermieri mi avevano cacciato. "Ustioni e lacerazione dei tessuti molli al primo e al secondo piano" avevano detto. Sul cartello di Katja c'era scritto "Ferita grave testa (probabile ritenzione proiettile)". Lei era presidente del Gruppenrat, si era scelto il posto e la ferita migliori.
"Le ustioni non sono niente di che, ci va solo sopra un po' d'acqua; vedrai che ti lasciano lì dove stai, di te se ne infischiano!" Mark picchiò sorridendo un dito sul suo cartello. "A me invece devono operarmi, bisogna fare in fretta; verranno le ragazze del decimo anno e io gli appoggerò la testa sulle tette!" In quell'attimo le ragazze arrivarono davvero giù per le scale, però avevano la barella già occupata, c'era sopra Katja con il cartello della ferita alla testa appoggiato sul seno. La testa le ciondolava di qua e di là sulla barella: "Ehi, state un po' attente, da qualche parte c'è dentro una pallottola!" Si infilò una mano sotto la testa e mi sorrise. Le due ragazze del decimo anno arrivarono davanti a Mark, che era di traverso sulle scale. "Ehi, e io? A me che succede, devo crepare qua o cosa?"
"Dai, fà passare, dopo tocca anche a te".
"Ferita addome! Ho una scheggia in pancia, una scheggia gigante di granata!"
Le due risero e si limitarono a scavalcarlo.
"Lo sai a me che mi faranno? Ho un'intossicazione da fumo io, e pure grave. Respirazione bocca a bocca, capito?"
"Non raccontare balle". Mark si tirò su e guardò verso di me con gli occhi sgranati. "Stai raccontando balle, vero?"
"Ma no, credimi, me l'ha detto uno del sesto anno che l'anno scorso ha avuto lo stesso. Grave intossicazione da fumo!"
"Tu sei fuori di testa, lì non c'è scritta nessuna intossicazione, figurati se è grave!"
"Eh, ma l'intossicazione da fumo è sempre grave, mica devono stare lì a scriverlo. E con le ustioni l'intossicazione viene in automatico: oh, ero dentro in mezzo al fuoco! Loro devono fare tutto come nella realtà". Tossii e rantolai aggrappato alla ringhiera. "Cioè ti baciano proprio sul serio, per soffiarti dentro l'aria?"
"Certo! Poca aria, ovviamente, perché non sei mica ferito davvero, però devono farlo per l'esercitazione. E ti infilano dentro anche la lingua, se no come fanno a capire se per caso ce l'hai di traverso, come capita certe volte?"
"Mi stai prendendo in giro, Dani!"
"Ma no, ti giuro. Parola di pioniere!" Sollevai la mano. "Ti frugano dentro la bocca con la lingua, e stai attento, magari finisce che ci provano pure gusto".
"E i seni, Dani?"
"Be', ce li hai schiacciati addosso, ovviamente, li senti per bene".
"Dai, scambiamo!" Si tolse il cartello e me lo sventolò davanti alla faccia.
"Naa,scordatelo".
"E dai, Dani, guarda che anche un proiettile in pancia non è mica male, ti toccano le trippe, te le accarezzano per benino. E lo fanno solo le femmine eh?, possono farlo solo loro perché hanno le dita più sensibili!"
"Naa, scordatelo Mark".
"No, ma guarda bene cosa c'è scritto qua: Ferita addome! Capito, addome!"
"Non mi va, Mark, no, non voglio scambiare. Levati di torno, tu e la tua scheggia del cazzo" Scivolai lontano da lui, verso il muro. Mark mi venne dietro.
"Ehi, aspetta un attimo, ho detto addome, capito? Vuol dire che devono controllare tutta la zona!" Lo spinsi via. "Non lo voglio il tuo cavolo di cartello, l'hai capito o no? Ho la mia intossicazione, io. Non mi rompere con il tuo addome del cazzo!". "Ti prego, Dani, dammelo. Dai, scambiamo. Siamo amici o no?" Allungò una mano verso di me e il mio cartello, e io la allontanai con una pacca. Subito mi strinse il maglione con l'altra mano, io mi alzai, feci per dargli un calcio, lui mi prese la gamba e rotolammo giù per le scale. Mark si buttò su di me e mi ficcò un ginocchio sulla pancia. "Mark!" non potevo gridare forte perché mi mancava l'aria. "Mark, aiuto!" finalmente mollò la presa, probabilmente ero già un po' blu in faccia. Ripresi fiato. "Ma sei diventato scemo?!"
Due gambe. Due scarpe di pelle marrone. Due pieghe stirate dritte proprio davanti alla mia faccia. Mi torsi indietro e guardai in alto.
Il preside.
Il testo è tratto da "Eravamo dei grandissimi" di Clemens Meyer ediz. Keller
Dedicato a chi era stufo di raccontini troppo seri.

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