un piccolo assaggio offerto dal nostro amico Patrizio Neri
...Negli anni 50', le sorelle della chiesa di St.
Rose non andavano tanto per il sottile. Un giorno in terza media, non
ricordo perché, mi misero in punizione dietro un banco della prima
elementare. Felice di avere il pomeriggio libero, a un certo punto mi
accorsi che i gemelli di uno scolaro riflettevano il sole sulla parete.
Con occhi sognanti seguii la luce oltre la finestra, verso il soffitto.
Poi però la suora si rivolse a un nerboruto tutore dell'ordine seduto in
prima fila: "Fa' un po' vedere al nostro ospite come trattiamo chi non
sta attento in classe". Il ragazzino mi si avvicinò con aria
inespressiva e senza battere ciglio mi mollò un ceffone così violento
che risuonò nell'aula. Non potevo crederci: ero scosso, paonazzo e
umiliato.
Prima di andare al liceo ne subii di tutti i colori:
il classico righello sulle nocche, la cravatta stretta fino a farmi
soffocare, chiuso a chiave in un ripostiglio buio e ficcato in un bidone
dell'immondizia perché "è questo il tuo posto". Ordinaria
amministrazione nelle scuole cattoliche degli anni 50', ma mi lasciava
comunque l'amaro in bocca e mi allontanò una volta per tutte dalla
religione.
A scuola, anche quando non ti toccava fisicamente,
il cattolicesimo ti penetrava nelle ossa. Facevo il chierichetto, e
nella sacra oscurità delle quattro del mattino mi trascinavo per le
strade gelide fino alla sagrestia, dove nel silenzio dell'alba indossavo
la veste talare ed eseguivo il rituale sulla terraferma di Dio preclusa
ai civili, l'altare della St Rose. Qui respiravo l'incenso prestando
assistenza al malmostoso monsignore ottantenne di fronte a un pubblico
di parenti, suore e peccatori mattinieri. Non sapevo come muovermi e non
studiavo il latino, un vero disastro, tanto che un giorno, alle sei,
con grande costernazione dei fedeli, il monsignore mi afferrò per la
tonaca e mi trascinò a faccia in giù sull'altare. Quel pomeriggio in
cortile, sorella Charles Marie, la mia maestra di quinta elementare che
aveva assistito all'episodio, mi regalò una medaglietta sacra. Una
gentilezza che non ho mai dimenticato. Negli anni trascorsi alla St Rose
avevo conosciuto fin troppo bene il logorio fisico ed emotivo del
cattolicesimo. In terza media, il giorno del diploma, mi lasciai tutto
alle spalle. "Mai più" mi dissi. Ero libero, libero, finalmente
libero... E ci credetti per anni. Crescendo, però, cominciai a notare
tracce di quell'imprinting nei miei pensieri, reazioni e comportamenti, e
con grande sconcerto e desolazione dovetti riconoscere che se si è
stati cattolici lo si rimane per sempre. Perciò smisi di prendermi in
giro: oggi frequento di rado la religione, ma so che da qualche parte,
nel profondo, faccio ancora parte della squadra.
E' questo il mondo in cui trovai le radici della mia musica.
Il testo è tratto da "Born to run" di Bruce Springsteen ediz. Mondadori.
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